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Dieci anni contro la povertà

Zeri, Piagna (2023) (foto Giorgio Pagano)
Zeri, Piagna (2023) (foto Giorgio Pagano)

Sono passati dieci anni dal 17 ottobre 2013, giorno in cui venne aperto il servizio dell’Emporio della Solidarietà, in via Gramsci. Dal 2018 il servizio opera anche a Sarzana, in via Castruccio. Il progetto – pensato da una rete comprendente Caritas, Distretti Socio Sanitari, Fondazione Carispezia, Società della Salute della Lunigiana, con il sostegno della Marina Militare, che ha messo a disposizione un locale dell’ex caserma Duca degli Abruzzi – ha come obiettivo il sostegno alimentare alle persone in difficoltà. Nei banchi ci sono anche prodotti per la casa e per l’igiene personale. A usufruire del servizio sono oltre un migliaio di persone l’anno, che alle spalle hanno una famiglia: i beneficiari sono dunque molto di più. Vecchi e nuovi poveri si rivolgono ai Comuni o ai Centri di ascolto della Caritas, che provvedono a indirizzarli all’Emporio. Le tessere hanno la durata di sei mesi-un anno, poi si cerca di far sì che le persone “non si siedano”, aumentino la loro autostima e si attivino per migliorare la loro situazione. Senza però che siano abbandonate. Nell’Emporio sono impegnati gli operatori della cooperativa “La piccola matita”, della Caritas, ma anche volontari, studenti in alternanza scuola-lavoro, persone in borsa lavoro. Due volte l’anno si organizzano le grandi raccolte dei prodotti, anche nelle scuole con il coinvolgimento degli studenti. Una cinquantina i supermercati che collaborano.

I dati destano preoccupazione: il costante aumento delle famiglie assistite – 1200 l’anno –, il fatto che la maggioranza delle persone coinvolte sia nella fascia d’età 35-55 anni, quindi persone che lavorano o che hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro, e ancor più il fatto che la percentuale dei minori coinvolti sia del 30%, di cui il 24% italiani. “Si tratta in parte di soggetti a cui non pensavamo in fase di progettazione”, mi dice Stefano Strata della Caritas.

Desta preoccupazione, inoltre, il fatto che a livello nazionale le misure di contrasto alla povertà sono state, negli ultimi tempi, indebolite anziché rafforzate. Secondo i dati del 27esimo rapporto Caritas “Tutto da perdere”, presentato il mese scorso, più di un terzo delle famiglie che hanno beneficiato del reddito di cittadinanza non avranno diritto alla nuova misura istituita dal governo Meloni, l’assegno di inclusione. Parliamo di 400 mila su 1 milione e 331 mila famiglie (più di 2,8 milioni di persone).

Esistono, inoltre, numerosi dubbi sulla reale possibilità di trovare un corso di formazione ai cosiddetti “occupabili” (cioè i poveri assoluti giudicati disponibili o capaci di cercare una potenziale occupazione). Quelli che sono stati esclusi, via sms, dal reddito di cittadinanza e tutti coloro che saranno contrassegnati con questa “etichetta” in futuro. Secondo la nuova legge la non partecipazione a un simile corso esclude dal beneficio del “sussidio per la formazione e il lavoro” da 350 euro.

Nel frattempo, i poveri assoluti – coloro che non possono permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile – sono continuati ad aumentare: nel 2022 sono saliti da 5 milioni 317 mila a 5 milioni 674 mila (+ 357mila unità). Il “lavoro povero” è cresciuto anche tra le famiglie in povertà assoluta. Per l’Istat caratterizza un numero crescente di persone che svolgono un lavoro operaio, o “assimilato”: nel 2022 il 14,7%, nel 2021 era al 13,8%. Insomma, un lavoro non basta per uscire dalla povertà. In povertà assoluta ci sono soprattutto le famiglie numerose con tre o più figli, quelle che non hanno la cittadinanza italiana e vivono in affitto. Inquieta anche la condizione degli under 18 tra i quali l’incidenza della povertà, non solo economica ma anche educativa, colpisce 1,2 milioni di bambini e ragazzi. In questi casi la povertà non è solo ereditaria, ma spezza la possibilità di avere un futuro.

Le ricerche nazionali confermano dunque i dati spezzini.

Servirebbe una grande riforma del Welfare: non solo un reddito, ma anche servizi pubblici, investimenti sul diritto all’abitare, nella scuola, sulle tutele e sulle garanzie sociali. Servirebbe qualche provvedimento immediato di grande impatto, per esempio la gratuità delle mense scolastiche, o il riutilizzo degli immobili pubblici e privati in abbandono per incrementare l’edilizia residenziale pubblica. E servirebbe il salario minimo.

Mentre invece si colpevolizzano i più deboli.

A chi, di fronte a tutto ciò, è sfiduciato, indico, nel piccolo, l’esempio dell’Emporio della Solidarietà. E, più in generale, ricordo che abbiamo una “via maestra” da seguire: è come sempre la Costituzione, che prevede che sia lo Stato a farsi carico delle fragilità e a ridurre le diseguaglianze. Ecco la lezione a cui deve tornare la politica.

 

Post scriptum

 

Dedico l’articolo di oggi a un caro amico scomparso nei giorni scorsi: Massimo Toschi, una voce per il dialogo e la pace che ho avuto la fortuna di incontrare tanti anni fa, quando decisi di dedicarmi alla cooperazione internazionale. Dal 2000 al 2015, con vari ruoli in Regione, è stato l’anima della cooperazione internazionale toscana, con un ruolo nazionale e internazionale. Ha incontrato Nelson Mandela, Shimon Peres, Yasser Arafat. E’ andato in tutti i teatri di guerra del mondo per cercare la riconciliazione. Tanti sono i progetti in cui ho lavorato al suo fianco. Quello per far curare bambini palestinesi malati gravi negli ospedali israeliani, meglio attrezzati di quelli dei Territori palestinesi: Massimo ha salvato diecimila bambini. Quello per sostenere il decentramento amministrativo in Africa, da cui è nata l’associazione Funzionari senza Frontiere, che ancora presiedo. Ricordo tanti momenti belli passati insieme: quando mi fece l’onore di presentare il mio libro “Sao Tomé e Principe – Diario do centro do mundo” nella sua Lucca, quando andammo insieme da Papa Francesco in Vaticano per l’incontro mondiale dei movimenti popolari… E ricordo il suo attivismo per i diritti delle persone con disabilità e le sue mitiche sfuriate quando in iniziative pubbliche le barriere architettoniche impedivano a lui e alle persone con la sua stessa disabilità di potervi accedere. Aveva quel dono che solo in pochi hanno: la forza di vivere la sua vita come una testimonianza continua della sue convinzioni e dei suoi ideali.

 

Sul tema dell’articolo odierno rimando a due articoli pubblicati in questa rubrica: “La povertà non è  una colpa” (4 dicembre 2022) e “Aiutiamo i poveri nella riscoperta della bellezza della vita” (11 dicembre 2022).

 

Le fotografie sono state scattate nello Zerasco: quella in alto a Piagna, quella in basso a Chiesa di Rossano.

 

lucidellacitta2011@gmail.com

 

Zeri, Chiesa di Rossano (2023) (foto Giorgio Pagano)

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