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Luci della città

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Aiutiamo i poveri nella riscoperta della bellezza della vita

Il neoliberismo ha allargato il fossato delle diseguaglianze: la discesa costante della quota di reddito da lavoro dipendente e parasubordinato, l’aumento della quota dei profitti e delle rendite e a buste paga dei manager. Di fronte a tutto questo non c’è da stupirsi che la destra faccia il suo mestiere, non parli più di riforma del Catasto o di tassazione delle transazioni finanziarie o di imposta patrimoniale. . Stupisce semmai che la cosiddetta sinistra giochi di rimessa e tardi a porre all’ordine del giorno, con una grande mobilitazione di popolo contro “l’economia che uccide”, la questione salariale.

Corleone (2018) (foto Giorgio Pagano)

Il rapporto presentato dalla Caritas spezzina nei giorni scorsi ci racconta il dramma della povertà alla Spezia: 15.164 persone accolte dai vari servizi diocesani nel decennio 2010-2019; poco di più gli uomini rispetto alle donne e gli stranieri rispetto agli italiani (in testa marocchini, rumeni e dominicani, ma alla fine del decennio i dominicani soppiantano i rumeni); il 70% delle persone ha tra i 35 e i 54 anni, con gli stranieri attestati su una fascia d’età più giovane; oltre un terzo è sposato con figli; la presenza dei minori è significativa. I problemi principali sono quelli occupazionali ed economici, ma sono preoccupanti anche quelli abitativi (l’11%, i senza dimora assistiti sono stati 1.500). Emergono una molteplicità di bisogni e una multi problematicità a cui devono corrispondere una grande capacità di ascolto e di impegno multisettoriale.

Ma vediamo che cosa è cambiato nel biennio 2020-2021: 4.512 persone accolte, questa volta in maggioranza donne e con un’equivalenza di italiani e stranieri (tra questi ultimi si conferma il dato del calo delle persone provenienti dall’Est, mentre crescono le persone provenienti dal subcontinente indiano e dall’Africa subsahariana). Gli altri dati sono abbastanza stabili rispetto al decennio: ma salgono i minori, con il pericolo evidente della povertà anche educativa, e si conferma molto forte la criticità abitativa. Quindi più donne, più italiani, più persone o famiglie con figli piccoli, soprattutto italiani. Un altro dato è la cronicità: molti sono poveri da più di cinque anni. Ancora: c’è una trasmissione intergenerazionale della povertà, a volte sono tre le generazioni prese in carico. Insomma, i poveri restano poveri.

Don Luca Palei, Stefano Strata, gli uomini e le donne della Caritas si sono interrogati sul loro impegno: il nostro aiuto è stato utile o no? Dobbiamo intervenire di più sui cronici o sui nuovi poveri, perché non diventino cronici? Come far recuperare l’autostima alle persone, che è molto debole, soprattutto nel caso della povertà “ereditaria”? “Io Caritas faccio, ma anche tu devi fare, e così la tua famiglia, che non deve lasciarti solo. Ma anche senza la famiglia, devi fare”, è stato detto. I poveri devono cioè essere protagonisti. Nessuno può affrontare la vita in maniera isolata, ma ognuno deve fare la sua parte, deve essere consapevole dei propri diritti, non solo dei propri bisogni. “Ognuno deve riscoprire le proprie risorse, ognuno ha un talento per riscoprire il proprio ruolo nella vita, dobbiamo aiutarlo a riscoprire la bellezza della vita”, ha detto don Marco Pagniello, direttore nazionale della Caritas. “Basta con l’assistenzialismo, dobbiamo esultare quando chiudiamo una mensa, non quando ne apriamo una: vorrebbe dire che c’è più giustizia sociale – ha continuato – che abbiamo cambiato un’economia che uccide, come la definisce papa Francesco”.

Il quadro della povertà spezzina è stato poi arricchito negli interventi successivi, di Stefania Branchini del Comune e del Distretto sociosanitario, di Anna Vivaldi del Forum del Terzo Settore, di padre Gianluigi Ameglio, frate di Gaggiola, di Gabriella Raschi dei Gruppi di Volontariato Vincenziani, di Antonio Carro della CISL. Molti gli spunti, corale la volontà di lavorare insieme, in rete.

Assai utili, per completare il quadro, anche i dati dell’Osservatorio statistico regionale dell’Ufficio economico della Liguria della CGIL, diretto da Marco De Silva, sul Reddito di cittadinanza e la Pensione di cittadinanza nel periodo gennaio-ottobre 2022. I nuclei familiari richiedenti alla Spezia sono 12.625, l’11% del totale della Liguria: siamo la provincia con i numeri più bassi. Il dato di ottobre è di 3.528 persone coinvolte e di 1.797 nuclei coinvolti per il Reddito di cittadinanza, con un importo medio mensile di 532,87 euro; di 393 persone coinvolte e di 369 nuclei coinvolti per la Pensione di cittadinanza, con un importo medio mensile di 261,94 euro. Il totale fa 3.921 persone e 2.166 nuclei, per un importo di 478,49 euro. Numeri più bassi (l’1,83% della popolazione) rispetto a quelli liguri e nazionali, per non parlare del Sud. Che fanno comunque riflettere, anche su quanto sia grave la situazione altrove. I cosiddetti “occupabili” a cui il governo vuole togliere il Reddito dovrebbero essere, dice De Silva, il 30-35%.

La questione, spiega Roberto Rossini, portavoce nazionale dell’Alleanza per la povertà è che “a trovare il lavoro, che non si crea per decreto, ci devono pensare le politiche attive, come prevede il Pnrr, procedura che comunque va rivista”, mentre “il Reddito, così come è stato concepito in tutti gli altri Paesi, è uno strumento fondamentale per il contrasto alla povertà”.

Tre beneficiari su quattro del Reddito non hanno mai avuto un contratto di lavoro dipendente o parasubordinato negli ultimi tre anni, a dimostrazione di una scarsa occupabilità. Ben oltre la metà di loro dispone di titoli di studio molto bassi. Mentre solo un terzo di chi percepisce il reddito può lavorare. Ed è a questa fascia di persone che devono rivolgersi i Centri per l’impiego con le politiche attive. Chi non può lavorare, invece, va aiutato con il reddito. Altrimenti resterebbe solo la Caritas insieme a pochi altri. Questo punto è emerso con chiarezza anche nell’intervento di don Pagniello. La misura non va quindi tagliata ma “implementata, aumentando il numero dei percettori e l’importo mensile”, continua Rossini. Ha ragione: secondo l’Istat in Italia i poveri assoluti sono 5,6 milioni, mentre i beneficiari del Reddito sono 3,4 milioni. Due milioni di persone sono scoperte. Agli stranieri sono chiesti dieci anni di permanenza in Italia, i single sono favoriti rispetto alle famiglie numerose, il Reddito non è adeguato all’inflazione… I miglioramenti da fare sono questi, a cui aggiungere gli interventi locali: solo attraverso gli strumenti e i progetti condivisi di cui si è parlato anche nel convegno della Caritas si può avere un quadro completo della condizione della famiglia e dei suoi singoli membri, per avviarli ai servizi sociali o ai Centri per l’impiego per chi è in grado di lavorare. Sapendo che i tempi per trovare un lavoro possono essere lunghi, e che nel frattempo le persone non possono perdere il Reddito. E facendo attenzione a dire che “il lavoro libera l’uomo” quando sappiamo che, in assenza di un salario minimo, ci sono lavori sottopagati e precari. Bisogna cercare una transizione verso un lavoro degno, non sfruttato, senza lasciare nessuno in mezzo a una strada.

Corleone, la sede della CGIL intitolata a Placido Rizzotto (2018) (foto Giorgio Pagano)

 

TRE RIFLESSIONI
Mentre ero al convegno, ho fatto tre riflessioni.

La prima è che il neoliberismo ha allargato il fossato delle diseguaglianze: la povertà “ereditaria” di chi è sempre più povero e la discesa costante della quota di reddito da lavoro dipendente e parasubordinato, di fronte all’aumento della quota dei profitti e delle rendite e a buste paga di manager e amministratori delegati che superano di trecento volte quelle degli operai. Di fronte a tutto questo non c’è da stupirsi che la destra faccia il suo mestiere, non parli più di riforma del Catasto o di tassazione delle transazioni finanziarie o di imposta patrimoniale e che tolga di più a chi ha di meno e premi chi non paga le tasse. Stupisce semmai che la cosiddetta sinistra giochi di rimessa e tardi a porre all’ordine del giorno, con una grande mobilitazione di popolo contro “l’economia che uccide”, la questione salariale, dello Stato sociale e della lotta alla povertà. Gli scioperi di CGIL e UIL sono, in questo contesto, sacrosanti.
La seconda riflessione riguarda sempre la lotta al neoliberismo, ma dal versante, diciamo così, della persona umana. Quando, presentando il libro sul Sessantotto, mi chiedono sempre del perché quelle idee hanno perso, rispondo che “il neoliberismo è entrato nella nostra psiche”, spingendoci a massimizzare il nostro interesse particolare. Ma aggiungo anche che la storia, e la riflessione personale su noi stessi, dimostrano la complessità delle pulsioni dell’essere umano. C’è anche la spinta a essere solidali con gli altri, a lottare per gli altri e con gli altri, a mostrare generosità e spirito civico. Don Luca e tutti gli altri, cattolici e non, ci spiegano, meglio di un libro di storia o di filosofia o di psichiatria moderna, che non siamo animali solo egoisti, anche se ci siamo convinti di esserlo. C’è chi cerca di offrire, tutti i giorni, una via d’uscita a chi sta male. Lo Stato è lontano, i partiti pure, ma il neoliberismo non ha vinto dentro di noi.
La terza riflessione è che nel convegno della Caritas i poveri non c’erano. La Caritas stessa l’ha osservato, insistendo, come ho scritto, sul loro necessario protagonismo. Non è un’utopia. In tanti anni -prima ogni mercoledì pomeriggio, da Sindaco, poi come cooperante e attivista, in Italia, in Africa, in Palestina- ho avuto il privilegio di incontrare tante persone che per “via ereditaria” o per un inciampo della vita erano in difficoltà. Persone che, insieme a un lavoro, a una casa, a un reddito, avevano il bisogno di credere nuovamente in sé stesse, di sentirsi cittadini nel senso vero del termine. Ho imparato che la povertà merita rispetto perché non è una colpa e perché la dignità di una persona non si misura da questo. E che il dovere di ciascuno di noi, ovunque operi, è aiutare questa umanità diffusa nella riscoperta della “bellezza della vita”.

Post scriptum
Le fotografie di oggi sono state scattate a Corleone. In questo paese siciliano ho trovato, soprattutto nei giovani, tanta voglia di riscoprire la “bellezza della vita”. La sede della CGIL di Corleone è intitolata a Placido Rizzotto, segretario della Camera del lavoro di Corleone, rapito il 10 marzo 1948 e ucciso dalla mafia. Luciano Liggio e gli altri mafiosi responsabili furono assolti per insufficienza di prove, dopo aver ritrattato la loro confessione. I resti del corpo di Placido Rizzotto furono trovati il 7 luglio 2009. Il 24 maggio 2012 si tennero a Corleone i funerali di Stato, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

lucidellacitta2011@gmail.com

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