Mancano nuove leve da formare, officine e capannoni sono in stato di abbandono e la presenza delle ditte esterne preponderante. Persino i bacini navali, gioiello di archeologia industriale sono “prossimi al collasso”. E lo stesso futuro del CRDD e del Museo Tecnico Navale è a tinte fosche. Il quadro dello stato in cui versa la base navale della Spezia, che stamattina i sindacati del comparto Difesa hanno fatto alla prefetta Maria Luisa Inversini, la prima e più antica d’Italia, è a dir poco tragico.
Accolti dal massimo rappresentante del governo in città, FLP Difesa, Cgil, Cisl e Uil hanno provato nuovamente a scuotere la politica cittadina, regionale e nazionale di fronte al declino di quegli 88 ettari che hanno rappresentato nel XIX secolo il sogno di Cavour di presentare al mondo una nazione unita e in grado di sedere al tavolo delle grande potenze. “Da dieci anni a questa parte non si assume il personale che avrebbe dovuto sostituire i pensionandi – dice Christian Palladino di FLP Difesa -. Oggi siamo quasi arrivati al punto di non ritorno. Entro il 2024 supereremo oltre il 40% di pensionamenti e in pratica la forza lavoro dell’arsenale sarà dimezzata. Assistiamo alla morte di un pezzo di storia della città, non solo in termini di indotto economico”.
La Marina Militare, rilevano le rappresentanze, fa sempre maggior affidamento sui privati. Il che comporta ‘una fisiologica dipendenza totale da realtà terze che, oggi sono Italiane ma in futuro, seguendo logiche strategicamente competitive, potrebbero compromettere la stessa capacità di Difesa del nostro Paese’, si legge nel documento consegnato oggi all’inquilina del Palazzo del Governo.
“Non c’è uno straccio di piano industriale, manca una visione di prospettiva e vi sono infrastrutture che si vanno ammalorando irrimediabilmente – dice Carlo Pietrelli di CISL -. Eccellenze come il CSSN, il balipedio ed i bacini andranno a morire senza le necessarie assunzioni”. Il turn over significa anche tramandare una sapienza industriale e marinaresca, che per generazioni è stato insegnato dai vecchi ai nuovi che arrivavano a migliaia con la prospettiva di un posto sicuro. “Mettere una Fremm in bacino non è un’operazione che si improvvisa, senza il giusto personale si rischia di fare danni alle stesse unità”, dice Emanuele Bernardini della CGIL facendo riferimento alle moderne fregate che svolgono la maggior parte delle missioni internazionali in mare a cui l’Italia partecipa.
Sotto i portici di Via Veneto, in attesa che la delegazione venga audita, vi sono soprattutto teste con i capelli bianchi. “L’età media dei dipendenti è attorno ai 62 anni – spiega Andrea Canali della UIL -. E poi vi sono gli ingressi dei giovani che transitano dall’impiego militare a quello civile. Siamo qui anche per loro. Non abbiamo un problema con la Marina Militare, che a livello di persone ci ha sempre ascoltato, ma con la politica che se ne è lavata le mani per anni. Il nuovo governo dimostri attenzione nei confronti della città della Spezia”.
Eppure con la Marina Militare le relazioni sindacali si sono interrotte da qualche settimana. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la decisione di estendere la convenzione Consip ad un ampio raggio di manutenzioni che un tempo venivano svolte dagli arsenalotti stessi. I sindacati ci vedono un altro passo verso l’affidamento della base navale ai privati. “Non si pensi che, se gli appalti vengono vinti da Fincantieri o Leonardo, la ricchezza rimanga poi sul territorio – ammonisce Ilio Bonomi di FLP Difesa -. Le grandi aziende potrebbero poi decidere di subappaltare. Esternalizzare non permette inoltre l’immediatezza di intervento richiesto dalla forza armata e, per noi, è anche antieconomico. Chi garantirà in futuro le manutenzioni su un naviglio ormai obsoleto? E quanto costerà allo Stato?”.
I vecchi arsenalotti si ritirano dal lavoro portando con sé le loro conoscenze. Chi invece ha ancora una prospettiva lunga prima della pensione rimane e attraversa ogni giorno gli immensi spazi vuoti dell’arsenale sabaudo, ormai spopolato. L’ultima generazione di una storia iniziata circa oltre un secolo e mezzo fa, appendice del triangolo industriale che faceva correre un pil ante litteram. Erminia Runcio era una militare transitata a civile nel 2019, oggi impiegata a Maristanav. “Non potremo andare avanti così per vent’anni – dice -. Noi abbiamo l’orgoglio di fare parte della Difesa e questo non ce lo possono togliere, ma speravamo comunque di avere più voce in capitolo come civili all’interno dell’amministrazione”.