Ha destato molto interesse la notizia del restauro dell’area dell’ex convento delle monache che da troppi decenni giace diruto ai piedi del castello in via XX Settembre. Il cenobio ha avuto una vita complicata fin dall’inizio.
Iniziato a costruirsi nel settembre del 1593, vide presto l’interruzione dei lavori. Non pareva conveniente che un convento destinato a pie donne si edificasse a metà fra un maniero abitato da rudi guerrieri e un monastero di frati che, a dispetto della loro santità, avrebbero potuto subire le tentazioni della carne. Così, per salvaguardare l’onore delle sorelle, i lavori rimasero bloccati, forse c’entrava una speculazione edilizia, e ripresero dopo un quarto di secolo. Ma fu solo che nel 1648 che il primo nucleo di religiose, una quarantina, lo abitò.
Il convento funzionò per un secolo e mezzo poi il vento della rivoluzione francese lo convertì al civile. L’antico monastero fu così tante cose, dal ricovero per gli anziani in difficoltà al ginnasio in cui ebbe inizio la formazione della futura classe dirigente spezzina, fra gli altri Prospero De Nobili e Ubaldo Mazzini. Dopo le bombe, disinteresse e oblio fino alla bella notizia di questi giorni che collega il convento delle Clarisse alla galleria-rifugio della scalinata Quintino Sella che, stando alla cronaca, avanza rettilinea. Poi devia, almeno il braccio aperto, a destra e sfocia presso il campetto di pallone dietro alla Chiesa dei Santi Giovanni e Agostino, quattro gradini da piazzetta del bastione per scalinata Spora. Lunga introduzione per dire di quella che per me è una traccia, finora dimenticata nel piano della ristrutturazione, ma che apre scenari inesplorati.
Nel 1877 Agostino Falconi (lo cito spesso come primo storico moderno spezzino), dopo aver detto che nella seconda metà del XV secolo gli Sforza signori di Genova e della Liguria avevano fatto costruire un arsenale in legno nella “valletta di Vanicella” (attuale piazza Sant’Agostino), scrive che nel 1477 la rivolta degli Spezzini contro i Milanesi, oltre ad altri danni, “ostruì l’ingresso della via sotterranea che metteva la Bastia [oggi è il campus universitario] in comunicazione col Castello e questo in comunicazione con l’Arsenale”. Insomma c’era un passaggio segreto che collegava il piano con le due fortificazioni sul Poggio. Falconi aggiunge che “la via sotterranea sbocca nel fondo che è sotto la sacristia dell’oratorio di San Giovanni e che serve ora ad uso di cantina”. Paolo Cevini che è studioso contemporaneo, avvalora Falconi parlando di “corridori” che servivano per un progetto strategico unitario. Ignoro se la via sotterranea del Quattrocento ci fu ma i lavori di recupero della vecchia galleria Sella potrebbero darci una risposta.