Su questo giornale poco più di tre anni fa (leggi qui) dicevo della gran bella cosa che stava costruendo un fervido appassionato della Spezia e del suo passato: un plastico per riprodurre l’immagine della nostra città quando era ancora racchiusa dentro il circuito murario che l’ha caratterizzato fino quando l’Arsenale non sconvolse l’assetto pluricentenario. Se a quel tempo l’opera era a metà del cammino, ora, invece, il lavoro s’è concluso e assai bene! Che in queste parole non c’è esagerazione, lo dimostrano le foto che corredano l’articolo. L’autore che ha realizzato il plastico è un vecchio amico che stava nel banco davanti al mio negli anni delle medie. Giuseppe D’Ambrosio che io ho sempre chiamato Pino, è un imprenditore che nel tempo che la sua attività gli lascia libero, s’è messo lì con gli attrezzi dell’ebanista e ha riprodotto il modello dell’antica Spezia in scala N, sigla che indica il rapporto 1:160 fra le misure della riproduzione e quelle della realtà ricostruendo la pianta della Spezia nel 1646 in un quadro di 160 centimetri per 140: un lavoro da certosino che ha impegnato Pino per quasi sei anni, un grande lustro in cui si è arrabattato con compensato, stucco, colla, chiodini e alla fine le pitture.
Vero modellista s’è costruito tutto da solo lavorando la materia prima con i suoi strumenti. Di estraneo alla sua mano c’è poco: l’erba sintetica che compare dove bisognava e i cavalli che tirano i carretti per le strade o davanti al mare: perché oltre alla copiatura della pianta, Pino ha inserito la sua fantasia. Non potendo, ovviamente, intervenire sugli edifici o sul circuito murario per non alterare la realità, Pino ha inserito degli stralci della vita che si agitava all’ombra delle vecchie mura. Nel natio borgo selvaggio c’erano artigiani e contadini e che cosa c’è di meglio che non il carretto per rappresentare le loro attività? Certo, dietro alle mie parole c’è l’amicizia con Pino. Fossimo stati a scuola in corsi diversi, del suo lavoro non saprei perché lui non dice nulla a nessuno. Però, scrivo convinto che un lavoro così bello ed istruttivo deve essere portato alla conoscenza dell’intera città perché presentare questa opera (vedete quanto insista su questo termine) è didattica: dai bimbi delle scuole su fino a chi cammina appoggiandosi al bastone sapendo ancora troppo poco della sua città. Arrivo a dire che questo lavoro meriti un’esposizione permanente per illustrare da dove la Spezia è partita. Nelle altre città si vede il plastico della loro antica configurazione. E perché il nostro non potrebbe avere un suo spazio?
Forza allora e bravo Pino!