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Una storia spezzina

Quasi sei anni di lavoro

La meraviglia di Pino D’Ambrosio: un plastico che riproduce la città murata del 1646 fotogallery

Il plastico di Giuseppe D'Ambrosio che raffigura La Spezia nel 1646

Su questo giornale poco più di tre anni fa (leggi qui) dicevo della gran bella cosa che stava costruendo un fervido appassionato della Spezia e del suo passato: un plastico per riprodurre l’immagine della nostra città quando era ancora racchiusa dentro il circuito murario che l’ha caratterizzato fino quando l’Arsenale non sconvolse l’assetto pluricentenario. Se a quel tempo l’opera era a metà del cammino, ora, invece, il lavoro s’è concluso e assai bene! Che in queste parole non c’è esagerazione, lo dimostrano le foto che corredano l’articolo. L’autore che ha realizzato il plastico è un vecchio amico che stava nel banco davanti al mio negli anni delle medie. Giuseppe D’Ambrosio che io ho sempre chiamato Pino, è un imprenditore che nel tempo che la sua attività gli lascia libero, s’è messo lì con gli attrezzi dell’ebanista e ha riprodotto il modello dell’antica Spezia in scala N, sigla che indica il rapporto 1:160 fra le misure della riproduzione e quelle della realtà ricostruendo la pianta della Spezia nel 1646 in un quadro di 160 centimetri per 140: un lavoro da certosino che ha impegnato Pino per quasi sei anni, un grande lustro in cui si è arrabattato con compensato, stucco, colla, chiodini e alla fine le pitture.

Vero modellista s’è costruito tutto da solo lavorando la materia prima con i suoi strumenti. Di estraneo alla sua mano c’è poco: l’erba sintetica che compare dove bisognava e i cavalli che tirano i carretti per le strade o davanti al mare: perché oltre alla copiatura della pianta, Pino ha inserito la sua fantasia. Non potendo, ovviamente, intervenire sugli edifici o sul circuito murario per non alterare la realità, Pino ha inserito degli stralci della vita che si agitava all’ombra delle vecchie mura. Nel natio borgo selvaggio c’erano artigiani e contadini e che cosa c’è di meglio che non il carretto per rappresentare le loro attività? Certo, dietro alle mie parole c’è l’amicizia con Pino. Fossimo stati a scuola in corsi diversi, del suo lavoro non saprei perché lui non dice nulla a nessuno. Però, scrivo convinto che un lavoro così bello ed istruttivo deve essere portato alla conoscenza dell’intera città perché presentare questa opera (vedete quanto insista su questo termine) è didattica: dai bimbi delle scuole su fino a chi cammina appoggiandosi al bastone sapendo ancora troppo poco della sua città. Arrivo a dire che questo lavoro meriti un’esposizione permanente per illustrare da dove la Spezia è partita. Nelle altre città si vede il plastico della loro antica configurazione. E perché il nostro non potrebbe avere un suo spazio?
Forza allora e bravo Pino!

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