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Una storia spezzina

Una storia spezzina

Spezia riemerge dal suo passato

di Alberto Scaramuccia

Fino a che lo sviluppo determinato da avvento dell’Arsenale e conseguente incremento demografico non ne determinò l’abbattimento, l’allora piccola Spezia si trovava racchiusa all’interno di quattro mura, un tozzo quadrilatero dall’aspetto vagamente trapezoidale di non tanta ampiezza.
Della cinta muraria la forma la dicono le carte; il percorso lo descrive accuratamente Ubaldo Mazzini.
Il braccio settentrionale ad un dipresso corrispondeva alle vie Rattazzi e Biassa; da lì calavano al mare due tratti per le vie Colombo e Da Passano dopo che il muro s’era inerpicato il muro su fino al castello. Il ramo meridionale correva lungo via Cavallotti, essendo stato spostato all’inizio del Seicento dal tragitto originario che si stendeva alle spalle di via Sapri, verso il mare.
Sono cose già dette e scritte, ma vale la pena chiedersi quanto la loro conoscenza sia possesso reale degli Spezzini. Sapere il proprio passato, non mi stanco mai di ripeterlo, aiuta la comprensione del presente, ma il processo dell’apprendimento inizia proprio dalle piccole cose, qual è, ad esempio, sapere l’antica forma che caratterizzò la Spezia per circa mezzo millennio, week end più, week end meno.
Per questo è stata apposta in piazza Mentana una targa che riproduce forse la più famosa carta della città, quella del 1773 del Vinzoni, con la legenda che indica i punti più significativi: l’ultima delle tante cose belle pensate dall’indimenticabile Sergio Del Santo.
A rinfrescare la memoria del punto di partenza che non c’è più, è in arrivo un’altra cosa, originalissima perché completamente diversa dall’esistente e mai vista prima.
Due cugini, innamorati della storia spezzina, nel tempo libero stanno realizzando, da una carta del Seicento, il plastico della città murata: 120 x 160 cm. È in scala 1:330 anche se, precisano, per quanto riguarda le altezze degli edifici si sono dovuti arrangiare dato che nessun documento riporta la quota delle case.
I due cugini sono Pino D’Ambrosio e Valter Baldiotti. Con santa pazienza, veri artigiani della qualità, lavorano da oltre quattro anni sulla loro bella idea di cui hanno portato a compimento, come si vede nelle foto, una più che abbondante metà. Siccome la parte meridionale è meno affollata di quella che le sta sopra, si può ragionevolmente stimare che non fra molto il loro progetto conoscerà la fine.
Qualcuno potrà pensare che l’anticipazione è troppo prematura, ma io sono invece convinto che in questo modo chi di dovere potrà predisporre in maniera acconcia il luogo e l’occasione per far conoscere alla città questo prodotto che è autentico gioiellino.

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