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"un modello che funziona"

Il maestro dei muri a secco che insegna ai migranti: “Affittate casa ma non dimenticate la terra”

Quando nel 2016 arrivarono i primi migranti per fare lo Sciacchetrà, c'era una parte della politica che lo definì 'uno schiaffo in faccia ai liguri e agli italiani'. Per persone come Gian Carlo Celano, 78 anni compiuti a gennaio, fu invece il modo per trovare qualcuno a cui insegnare ciò che un tempo alle Cinque Terre sapevano fare quasi tutti.

Gian Carlo Celano

Fare un muro a secco è come dipingere: tutti possono imparare a riempire una tela, ma solo pochi diventano pittori. L’occhio per la pietra e la mano per l’incastro sono il talento dell’agricoltura eroica che Gian Carlo Celano ha insegnato in questi anni a tanti ragazzi che hanno trovato nell’aspro saliscendi delle Cinque Terre un’antica disciplina verso il riscatto sociale. Giovani e meno giovani arrivati dall’altra parte del mondo, la maggior parte dall’Africa. La Caritas ha aperto un canale con i coltivatori creando un progetto che è diventato un caso virtuoso.

Quando nel 2016 arrivarono i primi migranti per fare lo Sciacchetrà, c’era una parte della politica che lo definì ‘uno schiaffo in faccia ai liguri e agli italiani’. Per persone come Gian Carlo, 78 anni compiuti a gennaio, fu invece il modo per trovare qualcuno a cui insegnare ciò che un tempo alle Cinque Terre sapevano fare quasi tutti. La Fondazione Manarola Cinque Terre onlus compirà dieci anni nel 2023. “Volevamo ripristinare il territorio sopra le nostre case e ci è stato offerto l’aiuto di ragazzi che avevano bisogno di imparare il mestiere ed essere reinseriti nel mondo del lavoro – ricorda -. Gli abbiamo insegnato tutto: dalla fondazione di un muro all’esecuzione finale, da fare la miscela per un decespugliatore e usarlo. Sette o otto maestri per due o tre ragazzi a stagione. Siamo ancora un gruppo abbastanza omogeneo e voglioso di fare. Tra due giorni mi arrivano tre nuovi allievi”.

L’onda emotiva è quella dell’alluvione del 2011, che ha risparmiato Manarola per poche centinaia di metri in linea d’aria. “Da allora c’è stata un’evoluzione bellissima – ricorda Celano -. Quel dramma in verità ha scatenato un grande entusiasmo, una voglia di fare. Abbiamo recuperato la zona del cosiddetto anfiteatro sopra il borgo. Con l’aiuto del Parco nazionale delle Cinque Terre, su quel lavoro è arrivato il progetto Stonewallsforlife che si concluderà tra poco. E’ nato un modello che può funzionare ovunque ci sia incolto. Se guardo sopra, penso che si possono recuperare le terre fino a 350 metri di altezza”.

Le piane recuperate dai migranti (foto Andrea Bonatti)

 

La carica non si è ancora esaurita. Con il progetto IntegrAzioni, lanciato da Caritas Mondo Nuovo insieme alla Fondazione Carispezia, sono stati creati 66 posti di lavoro tra il 2016 e il 2022 e sono nate cooperative sociali che oggi viaggiano con le loro gambe. Alcuni dei migranti che hanno imparato a fare l’agricoltore alle Cinque Terre si sono stabiliti qui, altri vorrebbero stabilirsi ma si scontrano con la realtà. “E’ difficile trovare un posto decente dove dormire e farsi da mangiare, anche perché deve essere vicino al luogo di lavoro. Si sale presto la mattina ai terrazzamenti. Il lavoro c’è e i lavoratori anche, manca chi voglia affittargli le case perché sono praticamente tutte nel circuito turistico e questo è un problema”.

A Manarola ci sono 220 abitanti, di cui tanti anziani, e un’economia circolare che è lì a portata di mano. “I ragazzi nelle Cinque Terre preferiscono affittare appartamenti e magari organizzare tour in barca, ma spero che i giovani capiscano che il territorio va mantenuto – dice Celano -. I giovani vivono con il turismo ed è giusto, ma se reinvestissero parte delle loro entrate per mantenere il territorio, magari dando lavoro a uno o due ragazzi che invece voglio fare l’agricoltore, allora sì che potremmo tornare vedere coltivata tutta la collina come negli anni Ottanta. D’altra parte i turisti vengono qui da tutto il mondo per ammirare proprio quello, il nostro territorio”.

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