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Associazione culturale mediterraneo

La creatività culturale spezzina negli anni Settanta nella seconda giornata di “La storia siamo noi”

La diffusa creatività culturale alla Spezia negli anni Sessanta è stata al centro della seconda giornata di “La storia siamo noi”, tenutasi al CAMeC sabato scorso per iniziativa dell’Associazione Culturale Mediterraneo. Hanno partecipato, presente un folto pubblico, molti tra gli uomini e le donne del teatro, della pittura, dei cineclub, della musica di allora.

Giorgio Pagano si è soffermato sulle vicende, le iniziative e le personalità più interessanti del decennio, per poi dare la parola ai protagonisti, coadiuvato da Marco Ferrari.

Franco Ferrini ha descritto la formazione e lo sviluppo della personalità di Aldo Rescio, la figura intellettuale più influente del periodo: “aveva una cultura straordinaria, un misto di marxismo ed esoterismo e studio dei miti, tant’è che nella sua vita fu poi psicoanalista e sciamano”. Ferrini ha raccontato la comune esperienza nella rivista “Delta”, diretta da Rescio, e la successiva diaspora: Rescio, sia pure per una breve fase, nella sinistra extraparlamentare, Ferrini, con il suo “doppio” Enzo Ungari, nel cineclub “Charlie Chaplin” e poi nel cinema. “Alla fine ha vinto Ungari, non Rescio, l’anima di sinistra del Sessantotto ha perso, ha vinto l’anima libertaria, quella che si è ribellata all’oppressione sessuale”. “La massima espressione del Sessantotto spezzino – ha concluso – è stato Ungari”.

Sull’esperienza del “Chaplin” si è soffermato anche Alfredo Rossi, un’altra delle sue anime, che, come Ferrini e Ungari, al cinema ha poi dedicato la vita intera: “Facevamo vedere i film che ci piacevano, se scorriamo i titoli sono i migliori film in assoluto che si possono vedere oggi”. E ha ringraziato l’ARCI, che organizzava, “e non si è mai lamentato”.

Egidio Banti ha parlato del cineclubismo cattolico a Sarzana, del “cineforum dibattito di libertà”, e ha aggiunto: “La società italiana era ancora fascista, la Costituzione era un progetto politico non attuato, i giovani di allora lottavano per l’attuazione della Costituzione”. Banti ha ricordato, a Sarzana, l’esperienza precedente del circolo “I provinciali”, di composizione politico-culturale “trasversale”: “il Sessantotto fu preparato anche dalle iniziative dei ‘cinquantottini’”.

Marco Danè, che è stato poi presentatore, autore e regista televisivo e teatrale, ha raccontato l’esperienza del teatro. Danè era uno degli attori della “Mandragola”, lo spettacolo teatrale tratto dal testo di Machiavelli che fece epoca anche “per la scomunica di ‘Beppe Astro’, così noi chiamavamo il vescovo Giuseppe Stella”. “Cosa c’era dietro?” – si è chiesto Danè – che ha così risposto: “Tutti noi eravamo determinati, di fronte a una delusione non desistevamo, l’importante era fare le cose che ci piaceva fare”.

Attore nella “Mandragola” era anche Andrea Sammartano: “Abbiamo cambiato qualcosa ma ci siamo anche cambiati, abbiamo cambiato la nostra vita”.

Gabriella Tartarini, pure lei attrice a teatro, ha ricordato la sua “trasversalità” e le sue esperienze anche con Rescio e con Ungari: “Nonostante le enormi difficoltà di tipo economico, perché nessuno ci aiutava ed eravamo tutti volontari, abbiamo fatto cose importanti perché ci sentivamo attori partecipi di un’epoca che ci dava speranza, avevamo la percezione che il futuro potesse riservarci qualcosa. Un’epoca irripetibile, oggi i giovani non hanno la speranza nel futuro”.

Silvio Benedetto, pittore argentino approdato alle Cinque Terre, ha aggiunto: “Perché tutto si è fermato? Cosa si può fare domani? Forse qualcosa non si è fermato, si può ancora fare qualcosa”.

Claudio Lopresti, musicista beat dei “Cavernmen” ha detto: “Avevamo la speranza di essere padroni del mondo, e la voglia di metterci insieme. Possiamo ripartire solo da lì”.

Tantissimi spunti, ha concluso Pagano, per un dibattito che certamente proseguirà.

 

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