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Maestro dal 1992

L’uomo in più di Musetti, lo spezzino Tartarini: "Fra tre anni il vero Lorenzo"

"Arrivò alla Spezia molto piccolo, poi iniziò a fare avanti e indietro da Carrara. Olimpiade chance eccezionale".

Simone Tartarini e Lorenzo Musetti

Il tennis: lo sport del diavolo. Uno sport solitario, dove gli atleti sono in costante lotta con sé stessi e l’avversario. Da soli contro il mondo intero. Così siamo abituati a vedere questo sport, tanto magnifico ed elegante quanto crudele e spietato. Ma dietro un campione c’è un intero team al lavoro. Dai fisioterapisti ai mental coach e, ovviamente, l’allenatore. Una figura sempre più importante nel tennis moderno. Non è un caso che negli ultimi giorni sia nata una discussione social dopo le parole di Stefanos Tsitsipas, greco numero 4 del mondo, che ha chiesto di inserire, per tutti i giocatori, la possibilità di avere confronti con i tecnici durante le partite (coaching). Sarebbe una rivoluzione che secondo molti snaturerebbe un po’ il tennis per come siamo abituati a vederlo, ma che sicuramente renderebbe giustizia all’immenso lavoro svolto da allenatori e preparatori, figure che nell’ombra sono decisive nella crescita di un giocatore.

Chiedete a Lorenzo Musetti: siamo abituati a concentrarci su di lui e le sue imprevedibili magie, ma fuori dalle partite è decisivo il lavoro di Simone Tartarini, suo allenatore da sempre, che lo accompagna fisicamente e tecnicamente nella sua scalata all’olimpo del tennis mondiale.
Il rapporto che lega Simone e Lorenzo nasce quando Lorenzo era ancora un bambino che si recava allo storico Tennis Spezia del Limone per giocare nel circolo dove insegnava, e insegna, Tartarini. Da quegli appuntamenti settimanali è nata una storia che ancora deve scrivere le sue pagine più belle. “Faccio il maestro di tennis dal 1992. – ha raccontato Simone Tartarini – Ho sempre lavorato soprattutto con i giovani, con i bambini, anche con ragazzi che poi hanno raggiunto buoni risultati a livello nazionale. Lorenzo è arrivato qua che era molto piccolo. Era venuto per fare delle partite, accompagnato dal suo primo maestro. Dopo 5 o 6 anni si è stabilito definitivamente qua, per fare avanti e indietro da Carrara a Spezia. Il percorso che abbiamo intrapreso insieme non è stato facile. Anche se lui ha bruciato le tappe, la strada è stata molto lunga, ma ci sono stati anche i momenti no. Non era facile, comunque, per un ragazzo stare lontano da casa, dalla famiglia, che in ogni caso lo ha sempre supportato da lontano. Si è creato un bel rapporto tra di noi”.

Così come per il talentuoso Lorenzo, anche per coach Simone l’ingresso nel tour Atp ha portato tante prime volte. Ma lui, alla prima esperienza con un tennista professionista, non si lascia deconcentrare: “Anche il mio è stato un percorso a tappe. – ci ha spiegato – All’inizio è sicuramente strano vedere e parlare con gente come Federer, Nadal o Djokovic. Poi, però, ci si fa l’abitudine e si pensa solo al proprio lavoro”.
Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Questo è quello che serve a una giovane promessa come Lorenzo. Tartarini lo sa, lo conosce e ha sempre ben chiaro quello che serve al suo ragazzo per compiere il definitivo salto di qualità e passare da spettacolare promessa ad affidabile star mondiale. “Lorenzo deve ancora strutturarsi bene sotto l’aspetto fisico. Ha già compiuto un grande lavoro da quel punto di vista, ma deve ancora definire bene la struttura. Lavoriamo molto sui colpi di inizio gioco, perché gioca ancora troppe variazioni. Nell’uscita dal servizio e nell’uscita dalla risposta c’è bisogno di concretezza: si deve avere già bene in mente cosa fare prima ancora che parta il punto. Ma serve tanto lavoro. Il prodotto finito lo vedremo fra 2 o 3 anni, Lorenzo è giovane e ha tempo per migliorare”.

I meriti di Simone sono anche nell’aver riconosciuto che l’estro di Musetti non va ingabbiato. Va lasciato libero, come un’artista. Il campo è la sua tela e la racchetta il suo pennello. Il coach lo sa benissimo e di certo non ha nessuna intenzione di reprimere la sua arte: “In allenamento deve avere la libertà di fare cose diverse dai canoni. – ci spiega Tartarini – Certo, dobbiamo modellare alcuni aspetti. Dobbiamo essere bravi nel creare un mix tra questi aspetti che tante volte possono venire soffocati, magari nelle accademie”.
Adesso che Lorenzo è a Tokyo all’ombra della fiamma olimpica, Simone è rimasto nella sua Spezia. Ma i contatti giornalieri ci sono e sono tanti, sia con Lorenzo stesso che con i membri della federazione che seguono gli atleti della delegazione a 5 cerchi del tennis italiano, uno su tutti Filippo Volandri. “L’Olimpiade è una cosa eccezionale per lui. Probabilmente se ne sta rendendo conto solo ora della portata di questo evento che gli sta lasciando un’impressione bellissima, nonostante si giocherà senza pubblico. – dice coach Tartarini – La decisione di andare è stata presa repentinamente, dopo il forfait di Sinner. Abbiamo deciso tutto all’ultimo, sono cambiati tanti programmi, tra questo e la maturità che è stata spostata due volte e il poco tempo avuto per preparare Wimbledon. Sono contento che sia là perché so che sta lavorando bene ed è sereno. A me importa quello. Nell’ultimo periodo era nervoso. Lui è là senza aspettative, deve prendere il meglio di questa esperienza e soprattutto lavorare bene e stare sereno”.

Proprio mentre ci racconta cosa significa per lui il percorso con Lorenzo, Simone continua a fare il suo lavoro, la sua vocazione. Chiama i ragazzi, che nel frattempo regalavano un bellissimo sottofondo musicale a suon di colpi di diritto, e gli fa cambiare diagonale: tutti sul rovescio adesso. “Mi piace lavorare con i bambini e i ragazzi. Bello anche per Lorenzo quando veniamo qua, si ricorda di quando era piccolo lui e si diverte. Per me continuare a lavorare anche con i ragazzi significa continuare ad apprendere. Come in tutti i lavori, i più bravi non devono smettere mai di imparare. – chiude Tartarini prima di salutarci e tornare in campo – Soprattutto nel tennis odierno, cambia tutto in fretta. Devi sempre essere pronto ad imparare”.

Nicola Bongiorni

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