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Il commento del leader di azione

Calenda: “Toti tragga conseguenze, è questione di opportunità politica”

Carlo Calenda (immagine dal profilo Facebook)
Carlo Calenda (immagine dal profilo Facebook)

“Toti non si deve dimettere per le inchieste, perché le inchieste non sono una condanna”. Lo ha detto oggi su La7, ospite di Tagadà, il leader di Azione, Carlo Calenda. “Quello che è inaccettabile – ha proseguito -, ancorché permesso dalla legge, è che un politico che governa possa prendere contributi da chi ha una concessione, incentivi diretti, infrastrutture che vengono fatte dalla Regione stessa”. L’ex ministro ha affermato che “in Italia il conflitto di interessi non è disciplinato, è legale” e ha definito “eticamente inaccettabile” la “condotta di Toti”, aggiungendo: “A me è successo che unn imprenditore che mi aveva dato un contributo mi chiedesse una cosa in cambio: quell’imprenditore ha ricevuto indietro il contributo ed è stato bloccato su WhatsApp. Perché è chiaro che sennò diventa mercimonio, ma attenzione, la legge lo consente. Dobbiamo fare un quadro di leggi sul confluto di interessi”.

Ok da Calenda al ritorno al finanziamento pubblico “ma come unico modo, escludendo il finanziamento privato, sennò ricominci da lì”. E tornando alle inchieste ha dichiarato che “i comportamenti che escono fuori inevitabilmente devono condurre Toti stesso a trarne le conseguenze, penso sia una questione di opportunità politica. Come andrà l’inchiesta non lo sa nessuno”, affermando altresì che “prendere soldi da un concessionario portuale per fare campagna elettorale, che è una cosa incivile, è consentito dalla legge italiana”. E alla conduttrice Tiziana Panella che ha rilevato che “il problema è se poi tu consenti all’imprenditore di utilizzare la sua funzione pubblica in maniera sbagliata”, il leader di Azione ha espresso l’opinione che “da quello che sembra è assolutamente così nel caso di Toti”.

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