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Sprugoleria

Sprugoleria

Il buon vino tra frizzi e motti, un’antivigilia spezzina del 1890

Il Castello San Giorgio e la zona sottostante nell'Ottocento

Oggi, antivigilia di Natale, siamo tutti agitati per le tante cose che ci rimangono da fare per celebrare in modo adeguato la festività perché questa ricorrenza ha un suo fascino che riesce a mantenersi intatto ed eguale nel tempo. Travalica le generazioni e incanta sempre grazie alla sua malia che rischiara anche i momenti più bui. Penso al Natale del 1914, il Natale di guerra in cui spontaneamente le trincee delle due parti riscoprirono il sentimento della fratellanza e naturalmente, contravvenendo agli ordini, cessarono di farsi la guerra per farsi gli auguri. Uscirono fuori dalle fosse dove erano abbarbicati e si abbracciarono e chi aveva qualche cosa da bere la offriva al nemico che per quell’attimo era fratello. Anche se cannone e mitraglia ben presto tornarono a recitare la loro triste parte, fu, almeno per quei brevi attimi una gran bella cosa che ci piacerebbe si potesse ripetere anche oggi dove il suono delle armi assorda quello dei sentimenti.

Natale, tempo di riflessioni ma anche di baldoria che nessuno rifiuta la bisboccia più sfrenata, oggi come ieri quando il gozzoviglio era anche celebrato sui giornali. Ad esempio, sulla stampa di tanti anni fa, vado all’indietro di oltre tredici decenni, leggiamo che proprio la sera del 23 (siamo nel 1890) nel retrobottega di un caffè in cui al tempo era chic andare (ma era un cortile all’aperto) travestono una pianticella sparuta da albero di Natale che per la sua genesi, dice l’articolo, è curioso e bizzarro. L’ intorno si raduna un chiassoso gruppo di giovani simpaticissimi, tutto spezino puro sangue, errore ortografico compreso nel testo. I partecipanti all’improvvisato raduno, forse una festa rave del tempo, all’istante si autobattezzano a marmagia per dare vita ad un brioso convegno durante il quale, nel frastuono armonioso di frizzi e motti, la simpatica compagnia si scola non so quante dozzine di fiaschi.

Erano degli ubriaconi? Ma quando mai! Tutto dipendeva dal vino che era eccellentissimo e spronava all’allegria e al canto delle più popolari romanze del tempo senza dimenticare le canzonette del vecchio carnevale spezino, nuovamente senza una zeta. Quando se ne vanno via, è mezzanotte passata, sono tutti contenti perché convinti di avere passato una serata memorabile per la storia di Spezia. Non credo, tuttavia, che la memoria di quel martedì sera sia rimasta negli annali della storia sprugolotta anche se gli ideatori della bravata ci fu Gamin che appena entrato fu accolto da un’accoglienza trionfale: aveva appena compiuto 22 anni, non era ancora studioso serioso, appena poteva ci dava dentro.

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