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Dopo la mostra e la presentazione del libro

Matrice è già culto. Benassi è ritornato alle sue origini e Spezia ha risposto presente fotogallery

Jacopo Benassi nel suo studio alla Spezia

Il successo di Matrice lo ha sorpreso, quasi commosso. La mostra era un atto d’amore nei confronti della città e gli spezzini l’hanno capito, mandando in soffitta uno dei proverbi più vissuti in riva al Golfo, quello secondo il quale nessuno è profeta a casa sua.
“Non mi aspettavo tanta gente all’inaugurazione, pesavo di incontrare amici e conoscenti, ma non così tanti”, affermava Jacopo Benassi ai taccuini di CDS un paio di settimane dopo il vernissage della personale in cui al fotografo si sono affiancati a sorpresa il pittore e in qualche misura lo scultore.
“Credo che la scultura, il calco, siano la prima forma di fotografia. Tant’è che ultimamente ho fatto un calco di bronzo di paio di pantofole”, ha rivelato nei giorni scorsi Benassi nel corso della presentazione di Matrice, il libro dedicato alla mostra realizzato insieme al curatore Antonio Grulli ed edito da Bruno Editore.

Jacopo Benassi e Antonio Grulli

Jacopo Benassi e Antonio Grulli presentano il libro “Matrice”

Matrice è stata un progetto che la critica ha definito “innovativo e intimo, con un contatto forte in un contesto definito”.
Dopo aver costruito al piano terra della Fondazione Carispezia un utero di legno, cartongesso, pittura, tela e slogan all’interno del quale lavorare, l’artista ha creato alcuni fori attraverso i quali poter avere una sorta di osmosi fisica e visiva con l’esterno. Poi è stato il momento della distruzione e del disvelamento delle opere.
I panorami del Golfo dipinti da Benassi si ispirano alle vedute di Fossati, ma sono deserti a causa del Covid e vengono accoppiati alle fotografie in bianco e nero di piante e arbusti dei Giardini, luogo di particolare valore nella gioventù dell’artista. Ma ci sono anche i ricordi familiari, i segni della casa dei genitori. Tutto tenuto insieme da cinghie rudi ma delicate, attente a non incrinare il rapporto tra il legno delle cornici e il vetro. “Quando le tendo l’adrenalina sale, si può rompere tutto”, ha rivelato Benassi, spiegando di amare il lavoro quando rimane poco tempo a disposizione e deve cercare materiale in quello che resta.
Un metodo che ha potuto mettere in atto nonostante l’istituzionalità del soggetto ospitante, la Fondazione Carispezia, appunto. “Da loro ho avuto carta bianca. Non sapevano cosa facevo là dentro. Ma credo che la fiducia sia stata premiata, sono contento di aver prodotto cose che non vi aspettavate. Questa mostra – ha proseguito Benassi rivolto al presidente Andrea Corradino – è stata un passo in avanti, il più importante. Non avrei potuto fare questa operazione nel mio studio. Solo in uno spazio come quello della Fondazione”.

La prima idea di luogo, però, era stata l’arsenale e l’iniziativa aveva incuriosito lo stesso ammiraglio Pierpaolo Ribuffo, se non altro per comprenderne le ragioni.
“Avevo pensato che matrice dovesse essere in arsenale, dove è nata la città moderna. Ma alla fine sarebbe stato troppo complicato. Ho riportato la città a prima di Fossati: non rasa al suolo ma senza persone, solamente con le piante dei giardini che ho vissuto da bambino quando andavo in sella ai grilli e in seguito da omosessuale. Dietro quei cespugli, per me, si nascondo le persone”.
Benassi ha svelato ancora come tutto non fosse calcolato, “ma curato nei minimi dettagli, sino al timbro per gli inviti”. “Ritengo che Matrice sia l’apice del mio lavoro: la sento davvero mia e di qua ripartirò”. Lo sguardo è sereno e profondamente soddisfatto, come se aver messo in ordine la vita sino a questo punto, averla restituita alla sua città con quel suo linguaggio semplice che nasconde temi complessi, sia stato in qualche modo terapeutico, liberatorio.

Forse è per questo che Matrice è già culto. Alcune opere sono già nel mirino dei collezionisti, mentre uno dei tavoli realizzati e utilizzati da Benassi andrà in mostra a Zurigo insieme ad alcune cornici e il Gam di Torino si è assicurato un pezzo delle pareti dell’utero.
“Quando ho visto Matrice ho subito capito che era un lavoro di Jacopo. Si sentiva tantissimo l’autenticità e ho pensato di dover salvare un pezzo della matrice. La mostra è davvero una singola opera. Vederla ha squadernato il mio pensiero sulla sua opera: Benassi si è aperto, ha avuto il coraggio di mostrarsi sino in fondo, ha avuto l’assoluta capacità di creare uno spazio di immaginazione e fisico dove c’è nascondimento ma anche possibilità di andare più in profondo”. Queste le perfette parole di Elena Volpato, curatrice del Gam di Torino, alla presentazione del libro.

Un capitolo è stato scritto. Ora Benassi vuole continuare a fare arte girando pagina ma mantenendo ben presente il punto di inizio. “Riparto da Spezia. Ora dobbiamo solo lavorare bene e riempire ‘sto Camec”, ha concluso con ironia. Ma perché non prenderlo sul serio?

Il pubblico presente alla presentazione del libro Matrice

Il pubblico presente alla presentazione del libro “Matrice”

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