“Quello dell’uso e dell’abuso di sostanze stupefacenti e di alcol tra i giovani, è un fenomeno sociale – non scolastico – che il nostro istituto conosce bene perché ne fa esperienza, quotidianamente, nelle proprie aule e nei propri corridoi. Del disagio e delle problematiche che questo fenomeno comporta a tutti i livelli, l’istituto si fa carico da anni, non solo cercando l’aiuto – non la repressione – delle forze dell’ordine, ma anche e soprattutto attraverso programmi mirati di formazione, sensibilizzazione ed ascolto di cui, purtroppo, nessuno parla, ma di cui l’istituto ha da andar fiero. Per questo motivo, quel che – personalmente – mi è dispiaciuto di più in tutta questa vicenda, è stato leggere dichiarazioni di esponenti sindacali della scuola che, seppur sacrosanti e condivise sotto il profilo di principio, non hanno dato atto dello sforzo immane che tutto il personale scolastico compie nel cercare di rendere la scuola inclusiva nei fatti e non solo nelle attestazioni. Ciò ha dato adito a polemiche fuori luogo ed a comprensibili preoccupazioni nei genitori con i quali cercheremo di ampliare i canali di confronto già esistenti. L’educazione dei ragazzi non passa attraverso la repressione a scuola, ma neppure attraverso il messaggio che a scuola sia consentito l’uso di sostanze. Altrettanto sbagliato, a mio parere, è veicolare il messaggio che le Forze dell’Ordine siano “avversari” naturali della popolazione giovanile e non al loro servizio: così facendo non si educa al rispetto ed alla fiducia nelle Istituzioni. Vorrei muovere una provocazione: se un ragazzo si sentisse male a scuola a seguito di uso di sostanze, noi genitori contro chi punteremmo il dito?”.
Emilia Amato, presidente Consiglio di istituto ‘Parentucelli Arzelà’