"io, vittima di tre forme di violenza"

“Sono stata insultata dal vivo e sui social, ma io sono un medico e il mio lavoro è aiutare tutti”

La dottoressa Anna Maria Masino con la pandemia è diventata un medico vaccinatore e opera anche nella commissione esenzioni. In occasione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari racconta: "In un anno, per tre volte, sono stata aggredita fisicamente, verbalmente e sono stata "vittima di una violenza legale"".

Violenze verbali e fisiche. Per qualcuno poi l’insulto arriva anche sui social tramutandosi in una specie di mirino fissato sulla schiena dei destinatari delle ingiurie. Episodi gravissimi, per ogni persona che diventa vittima,  figli anche di una maggiore aggressività maturata anche a causa della pandemia. Una crisi profonda che non risparmia, anzi si accanisce, contro chi ha come scopo principale della propria vita la garanzia della salute degli altri.  Medici, infermieri, personale sanitario in generale ne fanno regolarmente le spese.

Il 12 marzo in occasione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari è il momento per tenere alta l’attenzione su un fenomeno che negli ultimi tempi, anche alla Spezia, ha riempito le pagine dei giornali. Con una serie di testimonianze, raccolte con la collaborazione dell’Asl 5, Città della Spezia proverà a raccontare quanto hanno subito due dottoresse e gli effetti psicologici, in generale, sul personale sanitario vittima di aggressioni di ogni genere.

La prima testimonianza è della dottoressa Anna Maria Masino ha dato la sua disponibilità come medico vaccinatore e membro della commissione esenzioni. In un anno, per ben tre volte, è stata aggredita fisicamente, verbalmente e come lo definisce lei “vittima di una violenza legale”.

“Poter esercitare la mia professione mi appaga, però ci sono situazioni molto negative e tre episodi in particolare mi hanno segnata – comincia così la testimonianza della dottoressa Masino -. La prima risale a un anno fa e si trattò di una vera e propria violenza fisica. Ero dietro alla mia scrivania all’hub, a separare me e il vaccinando c’era un vetro in plexiglass. Stavo compilando la scheda vaccinale e quando sono arrivata al punto del consenso informato, di cui tanto si discute, la persona che avevo davanti si è alzata. Mi ha preso il braccio, torcendolo. Ho sentito un dolore lacerante, senza dire nulla. Sono scattata sulla sedia e quella persona mi fissava con uno sguardo che incuteva terrore. La presenza dei colleghi, degli infermieri ha messo fine a quella terribile situazione. E’ stata una violenza che mi ha colpita nel profondo perché ho pensato e se fossi stata sola, cosa sarebbe accaduto? Quello sguardo non lo dimenticherò mai”.

“Ci sono tante e piccole violenze giornaliere non vanno banalizzate perché segnano, lacerano e stancano – prosegue Masino -. La seconda violenza che ho subito è stata verbale e si è consumata sempre all’hub vaccinale. Io li ho sempre ascoltati, con estremo rispetto. La frase più delicata che ci è stata rivolta è stata ‘siete dei delinquenti’, seguita da altre volgarità irripetibili. La violenza verbale è grave quanto quella fisica, perché colpisce nel profondo. Il medico presta un servizio pubblico e riceve insulti, oppure come nel primo caso, violenze fisiche. In ultimo ho subito una ‘violenza legale’ arrivata dai social. Una collega mi raccontò di aver recepito un esposto ad Asl 5: vennero pubblicati una serie di dati sensibili sul mio conto e di una collega. Non eravamo più medici, ma ‘signore’. Scrissero che non accettavamo la domanda di esenzione, in quanto, ‘incompetenti e non chiedono accertamenti ed esami. Non sanno fare il loro mestiere’. Quelle parole sono pronunciate da persone che non sanno cosa sia l’Ufficio esenzioni. Noi non dobbiamo fare approfondimenti è un servizio offerto al cittadino e viene valutata una cartella clinica”.

Alla domanda “Rifarebbe tutto?”, la dottoressa Masino risponde con fierezza: “Sì, io il medico devo farlo. Devo prestare il mio servizio in qualsiasi modo e darlo agli altri. Non voglio banalizzare il mio mestiere. Io non so se continuerò a farlo qui oppure altrove. Una domanda però resta, a che punto siamo? Questo mi inquieta“.

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