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Una storia spezzina

Il colera del 1884 come il coronavirus dei giorni nostri

di Alberto Scaramuccia

Coronavirus

Notiziari e talk show delle varie televisioni, dopo la sbornia dei risultati delle elezioni regionali e della loro conseguenze, da un po’ di giorni sono giustamente occupati dal Coronavirus che da Wuhan, città di 11 milioni di persone mai sentita prima, è rimbalzato, fortunatamente in maniera indiretta, al porto spezzino che qualche giorno fa si è visto scippare il tradizionale scalo del venerdì.
Questa situazione con i Cinesi confinati a milioni nelle loro abitazioni, mi fa pensare al tragico colera che funestò La Spezia nel 1884.
Pure quella pandemia fu causata dalla globalizzazione, ovviamente di quei tempi là.
Il morbo era tanto endemico nel Sud-est asiatico quanto sconosciuto nel Vecchio Mondo dove fu immigrato dagli scambi commerciali che con le materie prime importarono anche la malattia che non ci mise molto per diffondersi a pioggia.
Sul Golfo il colera lo scatenò l’infausta decisione di concentrare 7mila persone trasportate dalla Francia infetta, nel lazzaretto del Varignano in uno stato di promiscuità non controllata che in breve sparse i germi patogeni dappertutto.
L’aver chiuso l’intero comune, città e frazioni, dentro uno strettissimo cordone sanitario, altra sciagurata risoluzione, fu motore che moltiplicò il contagio con la conseguenza di centinaia di morti.
Nei due colera dei due anni successivi la città non venne chiusa e le morti furono molte, ma molte dimeno anche se il morbo del’86 fu quello clinicamente più nefasto.
Ma con questo non voglio per nulla dire che le misure oggi adottate siano un errore.
Gli è che la mancanza di trasparenza nella comunicazione che vige nei regimo totalitari limita la libertà dell’informazione e, di conseguenza, la difesa della popolazione.
Tipico è il caso della spagnola che nella Grande Guerra mieté più vittime che sui campi di battaglia ed in tutto il pianeta ed ebbe questo nome che la fa somigliare ad un gelato, perché l’unico Paese ad informare di quella tragica febbre fu la Spagna, Stato neutrale che non aveva il bisogno di nascondere agli Stati nemici lo stato di debolezza sanitaria in cui si trovava. La spagnola, insomma, la ebbe ogni Nazione ma una sola ne disse sì che la mancanza d’informazione fu ulteriore causa dello spandersi del contagio che arrivò ovunque nel mondo.
Però anche allora si scoraggiavano assembramenti e riunioni e si reiteravano gli inviti a lavarsi spesso le mani. Come oggi, per cui armiamoci di saponette pensando che le maschere antigas di allora erano molto più ingombranti delle odierne mascherine a cui penso quando vedo frotte di occhi a mandorla convogliati verso la stazione.

ALBERTO SCARAMUCCIA