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Una storia spezzina

Una storia spezzina

Ceccardo e la scarsa fama in patria. Colpa del carattere?

di Alberto Scaramuccia

Ceccardo Roccatagliata Ceccardi

Un paio di settimane fa ho detto di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi e del convegno dedicatogli dall’Accademia Capellini per commemorarlo nel centenario della morte che avvenne il 3 agosto del 1919.
L’incontro è stato davvero ad alto livello con contributi che penso non abbiano arricchito solo me. Vita ed attività del poeta di Ortonovo sono state analizzate con attenzione con interventi che hanno offerto non pochi spunti di riflessione.
Solo un punto, mi pare, è stato trascurato: quanto sulle rive del Golfo Ceccardo sia stato non solo apprezzato, ma soprattutto conosciuto. Per verificare la cosa basta ricorrere alla stampa locale dell’epoca che già di suo è piuttosto parca su di lui.
La socialista “Libera Parola” ospita due suoi interventi: per commemorare Carducci appena scomparso e per ricordare Shelley di cui Ceccardo ha dettato la lapide destinata al muro di casa Magni a San Terenzo dove Percy dimorò.
Poi quasi più nulla. Un paio di conferenze che il poeta tiene all’Ambrosio negli anni della Grande Guerra per invitare il fronte interno spezzino a sostenere il Paese nel conflitto. In precedenza il radicale “La Ragione” pubblica nel 1913 una sua ode scritta sei anni prima in occasione della consegna della bandiera di combattimento alla corazzata Dante Alighieri.
Sulla sua poesia parla solo tale Gerolamo Lazzari nel 1911 lodando “la bellezza e la squisita fattura dei versi” che rivelano “nobiltà e grandezza del pensiero”.
Tutto qua, un silenzio che ritroviamo quando Ceccardo muore. Delle cinque testate attive al momento, solo “Il Giornale della Spezia” lo ricorda con un articoletto in prima pagina dove la maniera prevale. Dopo avere definito Ceccardo “storico eruditissimo e poeta essenzialmente lirico”, dice che il poeta non ricercò mai la ricchezza perché “cercò come consolatrice l’arte sua che non volle mai contaminare”. Per questo è morto “povero e infelicissimo in una bianca corsia d’ospedale a Genova”, la città dove viveva che non seppe mai comprenderlo così come non lo volle capire “la gente ufficiale d’Italia”.
Sembra che l’articolo voglia dire che Ceccardo fu poeta degli umili di cui espresse sentimenti e aspirazioni e che sono quelli che unici, secondo l’articolo, si raccolgono e piangono attorno alla sua salma.
Ma, nonostante tutto, anche negli ultimi momenti di vita, scrive Il Giornale, il poeta “amò la Spezia, il suo mare, i suoi monti e i suoi uomini”.
Certo, Ceccardo fu legato al Golfo ed ai suoi abitanti ma, almeno quando se ne va, pochi si ricordano di lui: nessuno profeta a casa sua o difficoltà nelle relazioni per un carattere poco facile?

ALBERTO SCARAMUCCIA

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