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Sprugoleria

Sprugoleria

Spezzini in coda all’inglese

di Bert Bagarre

Fila al centro commerciale

Sceso la prima volta a Victoria, mi colpirono due cose: un gentleman in gessato nero con bombetta, garofano, Times e ombrello nonostante caldo e sole, e una girl in minigonna che a me, provincialotto appena uscito dal guscio della Sprugola, sembrava incredibile.
Ma solo la terza novità divenne lezione subito appresa.
Appena sceso nella metropolitana, provando a sgattaiolare per superare chi stava davanti, fui bloccato da un coro unanime. Non di voci, bensì di occhiate che bollavano il mio tentativo truffaldino come atto ignobile, incapace di rispetto degli altri. Compreso il tacito messaggio, mi accomodai immediatamente in fila al posto che mi spettava aspettando pazientemente che arrivasse il mio turno per il ticket.
Da quel giorno (è passato più di mezzo secolo) nel mettermi in coda mi comporto all’anglosassone protestando però con i furbetti che cercano di trasgredire le regole aggirando la fila e sghindando per entrare dai lati, seguendo le tradizionali strategie belliche di Annibale e Napoleone.
Protesto a viva voce e non con lo sguardo perché là tutti guardano male mentre qua non manca l’unanimità nella muta condanna. C’è poco da fare; è un vizio così diffuso quello di cercare di profittare dell’altro che da tempo pensavo che servisse una vera e propria rivoluzione culturale per (ri)costituire il senso del rispetto verso il prossimo.
Ebbene, confesso che proprio in queste settimane di lockdown, termine d’Albione per indicare la forzata clausura cui siamo stati giustamente costretti, mi sono dovuto ricredere dell’innato pessimismo. Quando le notizie della cronaca ci mostravano l’isolamento con cui si era chiusa la provincia di Wuhan e si cominciava a progettare la prevenzione dal coronavirus, i commentatori dapprima si chiedevano perplessi su come avrebbe potuto funzionare un simile provvedimento se lo si fosse adottato dalle nostre parti e poi scuotevano la testa scettici.
Ignoro altrove, ma qua a Sprugolandia mi pare che tutta la poca fiducia fondata sui precedenti, sia stata ampiamente smentita dalla purtroppo infelice stagione che viviamo. Infatti, all’ingresso dei supermercati si vedono file tanto lunghe quanto ordinate e nessuno ha cercato di sgarrare. Fosse successo qualche cosa del genere, la cronaca ne avrebbe immancabilmente riportato la notizia. Invece, di alterchi si è solo sentito a proposito di qualche pessimista che si accaparrava l’Amuchina a cartoni lasciando sprovvisti gli altri clienti che inevitabilmente protestavano, magari a voce troppo alta.
Bene, ma resta una domanda: è necessaria la pandemia per assumere comportamenti virtuosi?

BERT BAGARRE