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Il report di save the children

Sostegno alla maternità, Liguria al 12esimo posto in Italia

Incinta

Il rapporto “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2021” di Save the Children, include come ogni anno, l’Indice delle Madri che identifica le Regioni che si impegnano, di più o di meno, a sostenere la maternità in Italia. Elaborato dall’ISTAT per Save the Children, l’Indice valuta, attraverso 11 indicatori, la condizione delle madri in tre diverse aree: quella della cura, del lavoro e dei servizi.

Anche quest’anno, sono le regioni del Nord ad essere più mother friendly: qui si registrano dati ben oltre la media nazionale, rispetto a quelle del Sud, dove tutti e tre gli indicatori si posizionano al di sotto di tale media. Nell’indice generale, le regioni più virtuose risultano nuovamente le Province Autonome di Bolzano e Trento seguite da Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna, la Liguria rimane al 12° posto in continuità rispetto all’anno precedente. Fanalino di coda Campania (nell’Indice precedente era penultima), Calabria (scesa al 20° dal 19° posto) e Sicilia (che è al 19° posto, ma ha guadagnato due posizioni rispetto all’anno precedente). Per le regioni del Mezzogiorno l’indice composito mostra sempre valori sotto 93, anche se il trend sembra in lieve miglioramento.

Anche nell’area della cura i primi due posti sono occupati dalle Province Autonome di Bolzano e Trento, mentre la terza posizione è della Lombardia (che perde una posizione rispetto all’anno precedente), seguita da Emilia-Romagna e Piemonte. La Liguria guadagna in positivo una posizione rispetto all’anno precedente, passando dal 13° al 12° posto. Le ultime posizioni nell’area Cura sono occupate da Basilicata (che perde due posti) e Sardegna (che conferma la 20ma posizione) precedute da Puglia, che perde il non gradito ultimo posto, e Abruzzo (che conferma il 18° posto). C’è comunque da sottolineare un miglioramento generale, dovuto ad una propensione maggiore ad un’equa distribuzione nei carichi di cura e lavoro familiare all’interno delle coppie, anche se non ancora sufficiente a ridurre gli squilibri tuttora esistenti nella suddivisione dell’impegno familiare tra donne e uomini. Confrontando i valori 2020 rispetto a quelli del 2004, si riscontra un miglioramento in tutte le regioni.

L’ambito lavoro mostra la situazione delle regioni più virtuose immutata rispetto all’anno precedente, con ai primi posti la Provincia Autonoma di Bolzano, la Valle d’Aosta e la Provincia Autonoma di Trento, mentre la Liguria si colloca al 12° posto, in continuità rispetto all’anno precedente. La regione Sicilia conferma l’ultima posizione, preceduta da Campania e Calabria che occupano rispettivamente il 20° e 19° posto, esattamente come nell’anno precedente. Dai dati emerge un miglioramento della situazione dal 2004 al 2008, quando si registra un lento declino. Tutte le regioni del Mezzogiorno inoltre (fatta eccezione per l’Abruzzo del 2008), presentano per le sette annualità di confronto, valori largamente inferiori al 100 di riferimento.

Infine l’area servizi, dove nelle prime posizioni vengono confermate le stesse regioni dell’anno precedente. Al primo posto la Provincia Autonoma di Trento seguita da Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia. I dati mostrano la crescita costante delle Province Autonome di Trento e Bolzano che, assieme a Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Umbria sono le uniche, nel 2020, a presentare valori sopra il valore di riferimento del 2004. Su questo aspetto la Liguria si colloca al 9° posto, in continuità con l’anno precedente.

“Anche quest’anno, l’Indice delle madri mostra il netto divario tra regioni del nord e regioni del sud. Per quanto ci sia una miglioramento generale dei dati in tutte le regioni, quelle del nord mostrano valori più alti della media, mentre nel Mezzogiorno si riscontra l’esatto contrario con valori più bassi. È evidente che al sud il gap non è mai stato superato in nessuna delle tre aree. Questo si traduce non solo in uno scarso riconoscimento dei bisogni e delle necessità delle donne che vogliono diventare madri, ma anche dei diritti relativi allo sviluppo e all’educazione di bambini e bambine”, conclude Antonella Inverno.

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