- Ovunque quest’oggi è grande commozione per la scomparsa di Andrea Camilleri. L’ha reso famoso Montalbano e la sua troupe, Catarella e il dottor Pasquano in testa, ma Camilleri scrittore non fu solo questo.
Io, ad essere sincero, gli ultimi suoi libri mi annoiavano ché li trovo ripetitivi, ingarbugliati nella vicenda narrativa e troppo di maniera. Invece, i primi libri di Montalbano erano lineari ed accattivanti che credo sia il miglior elogio che si possa rivolgere a chi scrive: saper catturare l’attenzione del lettore spronandolo a divorare le pagine per arrivare alla fine e liberarsi catarticamente della tensione prodotta dalla lettura. Gran risultato suscitare tensione!
Proprio quattro giorni fa ho ritrovato nella pila dei libri mai letti La voce del violino, un suo testo del ’97. Ho iniziato a leggerlo con una certa diffidenza per gli ultimi poco graditi Montalbani, ma mi ha poi affascinato la freschezza ritrovata in quelle pagine.
Ma Andrea Camilleri affabulatore non è stato solo Montalbano. Molti libri dicono invece della sua terra che diventa metafora emblematica di ogni microcosmo. Alcuni di questi (Il birraio di Preston, Un fil di fumo, La scomparsa di Patò, La concessione del telefono) sono stati proprio quelli che mi hanno avvicinato a Camilleri.
La concessione ogni cinque-sei mesi lo riprendo in mano e m’immagino, invidioso, di come l’Autore abbia realizzato l’opera: ha letto dei documenti d’archivio e ci ha ricamato sopra una fabula che ha ideato di sana pianta facendo scaturire da atti d’ufficio una storia di amori e tradimenti, di gelosie e di ripicche, vero romanzo storico. Credo che sia il sogno di ogni studioso del passato il riuscire a compiere una cosa del genere. Purtroppo, ahimè, non tutti ne sono capaci.
A volte l’azione narrativa s’è trasferita altrove da Vigata, è arrivata perfino a Trieste, ma la Liguria l’ha toccata solo con la Boccadasse di Livia al cui dolore non c’è oggi chi non si accomuni.
Solo in un suo poco noto testo storico c’è un accenno (molto indiretto) alla nostra terra. La strage dimenticata, libro del 1984, tira fuori dagli archivi la cronaca non dimenticata ma rimossa, di un eccidio esecrando perpetrato all’interno di una galera borbonica. Ebbene, l’autore di tale misfatto fu il maggiore Emanuele Sarzana e io non ho capito ancora che legame esistesse fra il tizio e la val di Magra. Però, rimbombano sempre nelle orecchie le sue parole: Io non sapevo, porco Giuda, che a uccidere si suda.
Ora mi sembra opportuno che intervenga un DPR per mutare il nome della Porto Empedocle di Pirandello e Camilleri, in Vigata.