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Startè Republic alla Biennale con “Venezia madre”

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Startè Republic alla Biennale con "Venezia Madre"

Un’esposizione al femminile che trova in Venezia Madre l’appellativo con cui rappresentare il fecondo rapporto di scambi che la città lagunare per secoli ha saputo tessere tra occidente e oriente. Paolo Asti torna nella città Regina dell’Adriatico per lanciare la sua nuova mostra “Repubblica di Startè – The free State of Art”, che esordirà il prossimo weekend nella suggestiva location di Ca’ Cappello Memo. Se l’ultima volta, era il 2019, scelse di portare a Venezia la spezzinità di Bellani, Vaccarone e Tomaino nell’ambito del “China Italy Experience Space”, questa volta le protagoniste sono giovani artiste di caratura internazionale. “Con la realizzazione della LIX Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, prevista per il 2021 e posticipata al 2022 a causa della pandemia, ho avuto la sensazione che l’arte fosse tornata finalmente in uno stato di libertà – spiega -. Quel che è accaduto negli ultimi due mesi e che ancora accade davanti ai nostri occhi, dimostra che lo stato in cui viviamo e conseguentemente vive anche l’arte, è forse quello di una libertà vigilata. Le cronache giornaliere pongono gli uomini nella condizione di schierarsi a favore o contro qualcuno. Contro la guerra innanzi tutto, a favore della pace, ma anche contro o a favore delle forze in campo, che gli accadimenti, mediati dalla televisione e dalla stampa, uniscono in due fronti uno contro l’altro”.

L’idea nasce da qui, insomma.

“Sì, da questa considerazione. Saremo presenti a Venezia, in modo irriverente, come una vera e propria Repubblica, quella di Startè, facendo il verso ai padiglioni ufficiali di questa nuova edizione. Ho poi pensato di porre un’aggravante di pensiero, quella di ambire, non solo a realizzare uno stato effimero, ma anche quella di uno stato in cui l’arte è libera. Libera da qualsiasi tipo di connivenza con le strategie di mercato, disfunzionale a ogni retorica ideologica, fuori dai miti, ma non per questo priva di un filo conduttore”.

Perché Venezia è tante cose.

“Non solo la tradizione dei suoi commerci, ma anche la capacità di attrarre, grazie a un’identità unica al mondo, rinnovata, da un secolo a un altro, fino all’essere assunta come ambita meta a partire dal Gran Tour e così fino a questo nuovo secolo.
Per condurci lungo il filo di questa relazione la scelta è caduta su quattro artiste, Arianna Ellero, Silvia Scaringella, Beatrice Speranza, Beatrice Taponecco, in grado di rappresentare, con il loro lavoro, il concetto di Mater: del pensiero, della natura, della contaminazioni, delle relazioni tra luoghi e persone. Un ambito che lascia grande spazio all’espressività delle singole artiste, in cui il concetto di Madre si rivela scandendo la matrice in: SetaMadre – SciameMadre – LuceMadre – FogliaMadre. La scelta di esporre a Ca’ Cappello Memo, ci riconduce con il filo della storia a ciò che è stata Venezia, attraverso le vicende di una famiglia patrizia, i Cappello, giunta sulla città lagunare per scampare alle incursioni saracene. Ai Cappello è attribuita la costruzione della chiesa Santa Maria Mater Domini, fatta erigere originalmente come monastero. Un tutto che torna dunque secondo quella casualità che appare misteriosa ma che, a Venezia, può accadere passando da una calle all’altra.

Una delle protagoniste è Aidan Salakhova, un’artista azero-russa indipendente.

In un clima in cui, per alcuni versi, il contesto della produzione culturale si è rivelato, a causa del conflitto in una caccia alle streghe, ho pensato che la Repubblica di Startè potesse dare asilo ad Aidan, già presente alle Biennali del 1991 e 2011. Un omaggio alla sua arte dove – una sola opera – un libro aperto con una scala che scende nella sua profondità e da essa ne risale, ha la potenza di obbligarci a una riflessione in cui il sapere materno è culla per gli uomini e al tempo speranza futura.

 

PROTAGONISTE

Arianna Ellero

Nè amori Nè donne Pigmenti, caffè e sabbie naturali, stampa unica su seta fine, cm 250×140Un lavoro direttamente a contatto con la Natura, con il suo spirito e la sua essenza. Arianna Ellero lavora con e dentro la Natura realizzando delle opere informali legate al colore, ai pigmenti, alle terre e altri elementi assolutamente naturali. Le sue opere spesso provengono da azioni, da performance in cui si fa accompagnare e inspirare dalla musica. E’ come se la sua astrazione provenisse dai ritmi e dal colore delle note espresse in contemporanea dai musicisti. Le opere in seta esposte come drappi appoggiati a telai di legno, provengono da quadri realizzati nel 2016. Sono particolari, dettagli che diventano un Tutto in completa autonomia. L’idea del tessuto prezioso non è legato genericamente ad un elemento fashion che ormai siamo abituati a veder rappresentato nell’arte contemporanea. Sono invece memorie della propria famiglia di sarti. La madre in particolare riusciva a mettere insieme alta sartoria con la poesia. In effetti Arianna riprende una vocazione familiare, ma lo fa ripartendo da se stessa, dal bisogno di mettere insieme il sentimento della Natura con una partecipazione fisica all’opera d’arte. La forma è assenza, immaginario, spiritualità evocata dai pigmenti e dagli elementi naturali, come suggerimenti di una dimensione Altra.

 

Silvia Scaringella

Le tele sembrano dei ricami sospesi nel tempo, costruzioni concrete di una realtà immateriale. L’artista materializza il tempo, vuole approfondire il legame tra il reale e il virtuale costruendo un linguaggio in cui l’antico e il futuro si saldano in una capsula del tempo. Sono disegni che richiamano elementi diversi dal decoro barocco all’architettura modernista, simboli di una lingua estetica nuova. La “scrittura” stesa con l’inchiostro giapponese richiama suoni visuali, quando interviene con il braille si aggiunge anche un elemento tattile. Il dolce panneggio accompagna questi lavori leggeri come un bisbiglio. Nella scultura “Ecosistema” le api finemente lavorate in marmo con le zampe di bronzo richiamano ad un presente possibile di collaborazione in cui la cultura diventa forza collettiva. Non a caso l’idea del volo come sintesi di un partecipare insieme alla costruzione della vita viene ripresa in “Aneurisma”, una grande installazione grafica che pervade lo spazio. Un lavoro fortemente simbolico sull’incapacità di avere una sintesi al fare comune, un invito alla collaborazione e coesistenza.

 

Beatrice Speranza

L’artista fa un uso estremamente importante della fotografia recuperandone la sua essenza soprattutto nel rapporto con la memoria e la presenza della realtà. “Esercizi di volo” – Stampa su carta cotone e ricami in filo di lana, Base in legno con profili in acciaio. Le immagini di orizzonti marini dialogano con la luce, la contengono ma anche ne vengono aumentate nella forma installativa. Il progetto “Luce” in fotografia, ricamo e foglia d’oro, apre delle possibilità poetiche nuove richiamando una dematerializzazione che sia l’oro che l’immagine evocano. Il concetto di rappresentazione non si attarda su valori descrittivi, suggerisce delle posizioni aperte, la fotografia ricorda un legame con la realtà fenomenica, ma questa si collega con un non visibile in un rapporto complesso e poetico nello stesso tempo. Beatrice Speranza miscela nei suoi lavori il bisogno di staccarsi dalla concretezza dei legami. Con “Esercizi di volo” il vuoto fotografico degli ampi spazi tra terra e cielo, viene reso ancora più leggero dalla struttura in legno che regge le immagini, stampate su carta cotone. Il ricamo è un segno di appartenenza, una forma di scrittura. Del resto la serie reca sul retro frammenti testuali del libro “Il poeta dell’aria” di Chicca Gagliardo.

 

Beatrice Taponecco

Il lavoro sul marmo dedicato alle foglie apre a un valore condiviso della relazione tra il tempo e la natura. Il principio resta la collaborazione tra principi coesistenti che sembrano appartenere a ordini di grandezza differenti, ma nascondono l’essere identici. L’arte è una parte della natura e viceversa, l’arte può fermare e tramandare memorie positive di un afflato che non si deve dimenticare. L’artista ricama finemente la durezza della materia cercandone l’ultima natura. Una dopo l’altra le foglie rivelano il biancore di una materia eterea. E’ una forma che viene restituita. La creazione ricrea l’esistente. Anche nel variare dei materiali Beatrice mantiene il senso di un’autentica rivelazione. L’arte, lo ripetiamo, non è in concorrenza con la natura perché ne diventa una componente, agisce sulla memoria legata agli archetipi, a qualcosa di cui non possiamo fare a meno, anche se la velocità dell’esistere oggi non consente di prenderne parte. Il tempo della scultura si riprende la vita, diventa genesi in questi lavori preziosi e poetici come lo stupore della semplicità.

 

Aidan Salakhova

Artista internazionale con gallerie da Londra a Berlino, Aidan Salakhova artista azero-russa con uno studio anche a Carrara, lavora soprattutto con il linguaggio della scultura. I suoi lavori mettono insieme immagini profonde e archetipiche, con riferimenti alla propria cultura di origine tradotta in una prospettiva internazionale. Sorretta da una tecnica straordinaria, riesce a creare opere che nella figurazione scoprono nuovi possibilità espressive. Ma la sua sintesi estetica va nella direzione di un’ arte senza confini né barriere linguistiche o culturali. Nella serie “Without words (Books series)” del 2020 i libri realizzati in marmi pregiati sono testimonianze visive e tattili di un’adesione totale alla cultura come bene sociale e scambievole, come fondamento della tolleranza. Le opere, veri e propri piccoli monumenti al valore del libro come fattore di sapere condiviso, sono testimonianze di come la scultura possa “parlare” a tutti attraverso un linguaggio innovativo e contemporaneo quanto universale.

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