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Una storia spezzina

Quando Via Prione era un’arteria vitale

di Alberto Scaramuccia

Via del Prione

Quando da piccolo (avevo ancora i capelli) mi pettinavo facendomi la riga, il nonno Giuseppe la correggeva dicendomi ‘è storta come via Prione’. E sì, perché la nostra vecchia strada non è proprio un esempio di lavoro fatto con riga e squadra, anche se un amico geografo mi ha spiegato una volta che il percorso del Prione è così poco ortogonale perché segue fedelmente l’andamento del rilievo.
Gli antenati la strada la chiamavano anche il carogio diritto, ma non perché travisassero la realtà. Solo usavano quell’aggettivo che a noi oggi pare un po’ a sproposito, per dire che quella era la via principale del piccolo centro.
A chi è poco avvezzo all’idioma de Zena dove pria è la dialettalizzazione di pietra, il nome certo appare ostico, ma il prione era un grosso masso, posto circa dov’è la Pia (neppure Mazzini sapeva di preciso dove stava) su cui saliva il banditore per spiegare al popolo minuto le decisioni assunte dall’autorità di governo locale. Funzionava, insomma, come una sorta di albo pretorio, ma il pietrone doveva essere anche un luogo di raccolta per gli antichi abitanti della città. Infatti, proprio quel punto lì serviva anche per esporre al pubblico ludibrio chi vantasse qualche conto con la giustizia, tipo un debito non ancora onorato.
Cose della città murata quando la via Prione si distendeva verticalmente per l’antica Spedia tagliandola in due per neppure circa 240 metri, meno della metà della lunghezza che vanta oggi la strada, anche se per come si sono sviluppate le cose, quella che una volta era una vera e propria arteria si è ormai, e non da un giorno, ridotta al più modesto ruolo di vena.
Eppure, una volta quando l’idea di fare alla Spezia un arsenale non era ancora balenata nella testa di nessuno, la via del prione costituiva il vero e proprio asse intorno al quale ruotava convinta tutta la vita della città, in ogni suo aspetto: dagli affari leciti ai traffici indebiti, dalle passioni trasgressive agli amori romantici, dalla devozione dei fedeli al culto dell’azzardo. Se a quel tempo fosse esistita la parola movida, gli antenati non c’avrebbero messo un minuto per coniugare il termine con ‘sta via stortignacola che ne te ghe daesti un cito a vèdela, ma aloa a l’ea il pulsare della vita.
La sua centralità non era rappresentata solo dalle case che i patrizi erigevano lungo il suo corso o negli immediati pressi, ma dal fatto che lì si ritrovava il concorso del popolo tutto che vi rinveniva l’appagamento di ogni suo interesse perché ogni attività, pia o mondana che fosse, era esercitata con successo in quel segmento de-a vecia Speza.