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Una storia spezzina

Una storia spezzina

La storia di Padre Emanuele Castrucci, da Vernazza all’America Latina

di Alberto Scaramuccia

Emanuele Castrucci

Non si confonda la bella figura di Padre Emanuele Castrucci con l’omonimo professore balzato alla ribalta della cronaca nazionale all’inizio dell’anno per aver espresso sensi di stima e apprezzamento per Hitler. In comune i due hanno solo l’area di origine, le Cinque Terre.

Il Padre era originario di Vernazza dove era nato nel lontano 1813. Era, dunque, di questi luoghi ma la sua vocazione lo portò a risiedere per più o meno un quindicennio nell’America Meridionale, nel sub continente amazzonico. In questo continente condusse la sua attività di evangelizzazione, ma soprattutto, ed è questo quello che maggiormente c’interessa, collezionò reperti e testimonianze della gente di quei posti, un materiale che si portò a casa quando fece ritorno in Italia. Il suo è un nome non molto conosciuto dalle nostre parti nonostante l’impegno di Giacomo Paolicchi, curatore del locale Museo Etnografico, per divulgarlo facendo conoscere con mostre ed interventi (l’ultimo è stato con il Grand Tour del Golfo lo scorso 30 agosto) anche il patrimonio che ci ha lasciato e che è custodito proprio nel Museo. Il curatore ha anche recuperato un manoscritto poco noto che è conservato negli archivi comunali. Datato 24 maggio 1902 contiene alcune note di Ubaldo Mazzini che all’epoca già da qualche anno dirigeva Biblioteca e Museo.

In quelle brevi righe il nostro Ubaldo dice che il Padre aveva riportato dall’America “una ricca collezione etnologica che conservava nella sua casetta al Monte”. Castrucci esibì le testimonianze della cultura amazzo ica che aveva conservato del suo soggiorno amerindo, nel 1887 in una mostra organizzata dalla Società d’Incoraggiamento, un Ente sorto a metà Ottocento per diffondere la cultura in quest’area. La raccolta piacque a Paolo Mantegazza. Per aver abitato a lungo in Argentina dove aveva trovato moglie: Jacobita de Tejada Montemajor, avrebbe voluto acquistarla. però, Padre Castrucci rifiutò l’offerta dichiarando l’intenzione di lasciarla in eredità al Museo Civico. Siccome, però, questa volontà non la si ritrovò espressa nel testamento (morì intorno al 1888), la collezione andò agli eredi che Mazzini definì “contadini zotici e ignoranti” che dispersero i vari pezzi per i campi.

Si salvarono solo, ricorda ancora l’Ubaldo, “alcune frecce, oggetti d’ornamento e due coperte di scorza d’albero”. Per queste ultime parole a me viene da pensare che il dernier cri delle lenzuola sono quelle realizzate con la corteccia della betulla: che padre Castrucci, presago dell’evolversi del letto, avesse voluto lasciare un’indicazione su come attrezzare il nostro cubiculum?