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Sprugoleria

Sprugoleria

Quando scalinata Spallanzani diventò una pista da bob

Sciare alla Morin, gennaio 1985

A portare freddo e neve è la buriana, il vento gelido che crea turbolenza anche fra i linguisti divisi fra chi ritiene la parola figlia di una voce turco-russa e chi invece la deriva dal latino ‘borea’, settentrione, come la triestina bora. Sta di fatto che è insolita la neve nella landa bagnata dalla Sprugola che per condizioni geografiche non è usa a simili fenomeni climatici. Ciò spiega perché, nelle poche volte in cui questi si verificano, lasciano il segno e di loro si ricorda la discesa dal firmamento per più lustri. Questo successe con la grande nevicata di fine gennaio di trentatré anni fa, anno di grazia 1985. Al colore naturale di un paesaggio variegato era subentrato un bianco uniforme che faceva pendant con la tinta bigia del cielo. Perfino le onde erano meno azzurre del solito, ma, al di là dei colori, quanto ci divertimmo!

A dispetto del clima che suggeriva a tutti di starsene al calduccio in casa, la gente della Sprugola diventò quasi un popolo di Lapponi. Una parte di Sprugolotti era impegnata ad esercitarsi per il fondo scorrazzando per i colli diventati
compatte distese bianche, mentre contemporaneamente l’altra metà praticava la discesa libera nella ex via XXVII Marzo che la bacchetta magica della meteorologia aveva trasformato in una pista nera praticamente uguale identica alle alpine della stessa categoria. Certo, si sentiva la mancanza dell’impianto di risalita, ma vuoi mettere la soddisfazione di farsi quelle strade dove a volte vai più lento della lumaca, tutte di un fiato e senza neppure dover guardare il colore dei semafori!

La scalinata Spallanzani era diventata una pista di bob per i bambini che si lasciavano cadere dalla sommità avendo come slitta su cui precipitarsi verso il basso, il solo fondoschiena. Poi, alla sera si contarono non pochi buchi nei calzoni, ma credo che nessuna mamma abbia rimproverato il proprio figliolo per il danno procurato alle braghe.
Eravamo tutti allegri, travolti da un’atmosfera di felicità che mescolava gioia e fiocchi candidi. Dall’alto ci guardava la statua di Garibaldi completamente ricoperta di neve, ma la spada da cui cominciavano a pendere stalattiti di ghiaccio, avvisava che avevano inizio anche i dolori. Fecero affari d’oro gli idraulici con le condutture dell’acqua che il gelo aveva bloccato e fu quanto mai drammatico il post neve quando sotto il candido manto si nascose l’ingannevole ghiaccio. C’era un solo modo per evitare scivolate dannose: camminare a passettini piccoli piccoli. Si dribblarono i danni, ma per quell’incedere tutti sembrarono più che pinguini, delle geishe giapponesi.