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Sprugoleria

Sprugoleria

Le origini di Re Carlevà, Maìa e Batistòn

di Bert Bagarre

La carrozza di Batiston e Maia

Sono convinto che in quel di Sprugolandia il Carnevale si sia festeggiato sempre perché, oltre ad essere avvenimento rilevante, lo celebrava in ogni terra contigua. Per questo mi pare impossibile che, nonostante la scarsezza di notizie, fosse assente proprio e solo nella nostra landa anche per le connotazioni culturali e sociali della festa.
In ogni comunità il Carnevale era una valvola di sfogo perché in quel periodo, semel in anno, era consentito impazzire e mascherarsi, cioè celare la propria identità, per essere liberi di immaginare cose che pensarle in altri periodi costava la testa.
Ma a Carnevale si ribaltano le parti ed anche nella terra della Sprugola chi è Re conosce una fine traumatica. L’illusione sublima la frustrazione ed in un giorno almeno, quello che precede il mangiare di magro, si fa la rivoluzione e si uccide il Sovrano. Ovviamente, non quello vero ma quello illusorio che a Carnevale lo personifica e che dalla festa prende il nome di Re Carlevà.
Altrove, nei feudi della Sprugola, il sacrificio umano è rappresentato in altri modi. Magari un uomo, preferibilmente foresto, lo gettano in un bozzo, ma qua Re Carlevà è portato in trionfo su dei carri decorati fino alla marina dove viene bruciato. Chiaro, non la persona umana, ma un fantoccio che lo rappresenta. Questo episodio, prima la festa poi la morte, mi è sempre parsa una metafora della domenica delle palme e del suo epilogo, ma chissà se sono nel giusto.
Prima di morire Re Carlevà lascia un testamento: in origine sono degli oggetti di uso comune, poi diventano dei consigli, ammaestramenti letti al pubblico.
Carlevà lascia anche un successore nel genero che ha impalmato la figlia Maìa e che di nome fa Batistòn. Presto pure lui diventa personaggio importante. Forse il suo tipo lo modellarono su una persona realmente esistita e che magari della landa era la macchietta, ma sta di fatto che non ci mette nulla a diventare con la sposa la nostra maschera di cui è difficile seguire il percorso di formazione. Le testimonianze, infatti, sono confuse con tante situazioni che si sovrappongono e contaminano il primo significato: il perenne rinnovellarsi della natura.
La comunità viveva allora in un’economia rurale e misurava il tempo secondo il susseguirsi delle stagioni ed a questa regola Carnevale non sfugge: la sua morte, al pari del rogo delle stoppie, segna l’inizio di un periodo nuovo per i lavori dei campi.
Poi il modo della produzione progressivamente si muta evolvendosi verso la nascente realtà industriale che cambia le carte in tavola.
Alla regola non sfugge quella del Carnevale. Lo vedremo.

BERT BAGARRE