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La Santa Croce di Portovenere

di Piero Donati

Le insegne processionali lavorate a giorno provenienti dall'oratorio gestito un tempo dalla confraternita intitolata alla Santa Croce

Presso la chiesa di San Lorenzo di Portovenere esiste un piccolo spazio museale nel quale sono custoditi oggetti di epoche diverse e di diversa natura. Tra essi si nota una coppia di insegne processionali lavorate a giorno (foto Matteo Originale) provenienti dall’oratorio gestito un tempo dalla confraternita intitolata alla Santa Croce. Questa casaccia, anche se adibita ad altri usi, esiste ancora e dagli Anni Trenta del secolo scorso deve farsi carico del rosone marmoreo che fino ad allora campeggiava sulla facciata di San Lorenzo, eco estrema, in pieno ‘500, di una tipologia assai in voga nei secoli precedenti.
Nonostante il formato mistilineo, desunto da modelli settecenteschi, queste insegne appartengono al secolo XIX, e cioè all’ultima fase della vita della confraternita. Esse sono caratterizzate dalla presenza di un crocifisso coronato e dotato di lunga veste: si tratta del Volto Santo di Lucca, una delle devozioni più importanti, a livello europeo, dal secolo XII in avanti. A causa della presenza di un’attiva colonia lucchese, questa devozione si radicò ben presto a Genova – ove ancora sussiste, sul colle di Sarzano, il toponimo Santa Croce – e da qui si diffuse nella Liguria di Levante, assai più legata al centro metropolitano della Ripa di Ponente.
A partire dal secolo XVI, questo culto viene perpetuato soprattutto in ambito confraternale e dalla costa si espande nell’entroterra e in Corsica: nell’isola che un tempo fu genovese è difficile trovare un borgo nel quale non ci sia – o non ci sia stato – un luogo di culto intitolato alla Sainte-Croix; in Val di Vara abbiamo vari centri di radicamento della devozione, fra i quali spicca Beverino. A Portovenere, così come a Moneglia, il culto della Santa Croce – sinonimo, in questo contesto, di Volto Santo – non arriva dunque da Lucca e non è neppure l’effetto della presenza, presso la foce del Magra, di un monastero benedettino intitolato proprio alla Santa Croce; esso viene invece da Genova, come ho cercato di dimostrare nel secondo capitolo di un mio libro del 2012 dedicato alle peculiarità del patrimonio artistico della Liguria Orientale.
Credo adesso utile, tornando all’immagine da cui siamo partiti, soffermarmi brevemente sulla sua iconografia. Non si tratta della rappresentazione del supplizio della croce: il Cristo è vivo, ha trionfato sulla morte ed appare in tutta la sua maestà regale. La veste è dotata di cintura, attributo questo che, agli albori del culto, era interpretato come richiamo alla castigatezza dei costumi dei ministri di Dio. Il calice posto sotto il piede destro si presta a molteplici interpretazioni; occorre però ricordare che nella cosiddetta legenda di Leboino, e cioè nel racconto del viaggio miracoloso dell’immagine del Volto Santo da Giaffa al lido di Luni, e da qui a Lucca, si menziona la presenza sull’imbarcazione di un’ampolla del sangue di Cristo, la stessa che dalla cattedrale di Luni fu poi traslata a Sarzana, ove è conservata nella chiesa di Santa Maria Assunta.