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Luci della città

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Nuovo ospedale, la città chieda i soldi perduti

di Giorgio Pagano

Varese Ligure, Comuneglia,Chiesa di San Pietro, Madonna con bambino di Luca Cambiaso (2020)

La situazione della sanità spezzina è sempre più drammatica. Basta scorrere gli articoli pubblicati su “Città della Spezia” nei giorni scorsi: un vero e proprio bollettino di guerra.
La condizione dei malati oncologici è intollerabile: il servizio di day hospital del San Bartolomeo di Sarzana è stato trasferito al Sant’Andrea, in spazi inadeguati, provocando lunghe code all’esterno del padiglione per attendere le cure. Prima all’aperto, poi in una tenda della Protezione Civile. A quando una situazione strutturale adeguata?
Non è solo “colpa” della pandemia. Sabato un paziente esperto lo ha scritto con chiarezza: “la pandemia ha solo ulteriormente aggravato e portato alla luce una situazione già agonizzante”. Che è stata così descritta:
“Un ospedale fatiscente e sporco, con topi che personalmente ho incontrato nei giardini; la carenza cronica di personale: medici, infermieri ma anche degli altri operatori sanitari, quelli che non si vedono in corsia ma che sono fondamentali per la cura dei pazienti, come i farmacisti ospedalieri; i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali mai recepiti di fatto, con pazienti e caregiver che si vedono talvolta negati anche i livelli minimi di assistenza; le proteste forti e chiare sollevate dal personale sanitario per l’impossibilità di erogare servizi adeguati”.
Mercoledì scorso medici e infermieri hanno dato le spalle al Sant’Andrea con il lutto al braccio per manifestare il proprio dissenso per una sanità “uccisa”: “assunzioni a tempo indeterminato subito” hanno chiesto a gran voce, innalzando cartelli dagli slogan eloquenti come “Senza medici e infermieri restano solo i miracoli”, “Non bastano i ringraziamenti servono risorse”, “Spezia e Sarzana unite per un nuovo pubblico ospedale… Pubblico!”, “All’ospedale di Sarzana 1 medico di guardia per 135 pazienti”.
Quel che c’è da fare è chiaro da tempo, ed è stato proposto da tanti: più personale e più risorse per l’ASL 5, dal 2008 emarginata e bistrattata dalla Regione (i numeri, più volte riportati anche in questa rubrica, parlano purtroppo da soli).
E poi un nuovo Ospedale, al più presto. Domenica scorsa mi sono soffermato sul modello finanziario scelto dalla Regione per realizzarlo:
“La struttura sarà realizzata dai privati, secondo una formula, quella del “leasing in costruendo”, che va per la maggiore nella “sanità ideale” dell’attuale Giunta ligure, quella della Lombardia. In cambio i privati avranno la gestione dell’Ospedale a livello di servizi alberghieri, non sanitari, per almeno una trentina d’anni. Quindi: il privato, esclusivamente con capitali propri, realizzerà l’Ospedale per poi affittarlo all’ASL 5, che a sua volta pagherà un canone d’affitto assai oneroso per restituire nei trent’anni successivi l’investimento del privato. L’azienda sanitaria corrisponderà ai costruttori-gestori due canoni annuali: uno legato all’edificazione dell’opera e uno connesso con i servizi alberghieri”.
I rischi sono evidenti, li sintetizzo in una sola domanda: ce la farà l’ASL 5 a supportare questo onere finanziario o sarà costretta a cedere al privato anche la gestione sanitaria dell’Ospedale?
Sono rischi che possono essere evitati ricorrendo a risorse pubbliche. Sempre domenica ho citato la frase pronunciata dal Presidente Toti a Spezia: “anziché investire 175 milioni di edilizia in conto capitale, meglio usare quei soldi per altri interventi che abbiamo spalmato sulla regione”.
E ho domandato: ma perché spendere per altri le risorse da tempo destinate a Spezia? Oppure questi soldi non ci sono più?
In assenza di risposte, ho letto la delibera della Giunta regionale del 24 febbraio 2020. Nonostante il linguaggio burocratico, la verità emerge chiara: i soldi sono stati in gran parte perduti.
Per l’esattezza non ci sono più i 120 milioni assegnati dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) tra 2008 e 2009. Circa 14,2 milioni sono stati spesi per pagare all’impresa Pessina i lavori fatti (demolizione del vecchio Ospedale del Felettino, trincerone in calcestruzzo, movimentazione terra e spianamento, smaltimento detriti, ecc.), per pagare IRE (che ha seguito l’iter della realizzazione del nuovo Ospedale per conto della Regione), per spese legali e di consulenza, ecc. Gli altri 105,8 milioni sono stati perduti perché revocati in quanto “valutati non ammissibili al finanziamento entro trentasei mesi dalla sottoscrizione dell’Accordo medesimo, con la conseguente revoca dei corrispondenti impegni di spesa”. Il limite dei trentasei mesi è posto dalla legge di bilancio n. 266/2005, modificata con la legge 205/2017. L’Accordo di Programma a cui si fa riferimento nella delibera della Giunta regionale fu sottoscritto l’11 maggio 2017: il nuovo bando di gara avrebbe dovuto, quindi, essere varato entro l’11 maggio 2020.
Altro destino hanno avuto 23,75 milioni, il secondo e successivo impegno di spesa dello Stato accordato sempre per la realizzazione dell’Ospedale del Felettino. Anche queste risorse stavano per essere perdute, ma sono state salvate dalla Regione in extremis con la proposta di un nuovo e diverso Accordo di Programma, grazie alla delibera del 24 febbraio scorso. Sono questi 23,75 milioni quelli destinati ad altre opere “spalmate sul territorio regionale”, come ha rivelato Toti.
Ciò che è accaduto è, nella sostanza, chiaro. Lasciamo stare (se ne sta occupando la magistratura) il modo in cui fu interrotto il rapporto con l’impresa Pessina. L’impresa presentò una variante, dopo la raccomandazione della Provincia, per una nuova tecnica delle fondazioni. Variante che fu approvata dalla Provincia e dal Comune ma non dalla Regione, che disse invece all’impresa che doveva ricominciare a lavorare all’Ospedale sulla base del vecchio progetto, quello previsto dall’appalto originario, la cui tecnica sulle fondazioni aveva preoccupato la Provincia! Ma quando, nel settembre 2019, la Regione fece questa scelta, ben sapeva della data limite del maggio 2020 per il nuovo bando, pena la perdita di gran parte dei finanziamenti. Maggio è passato, a dicembre è stata resa nota la proposta di un Ospedale realizzato dai privati.
Tuttavia la città non deve rassegnarsi. Quei soldi non sono ancora stati destinati ad altre opere. Possono tornare a Spezia se tutta la città, a partire dal suo Sindaco e dal suo Consiglio Comunale, li chiede nel nome della salute degli spezzini. Un nuovo accordo con lo Stato per un Ospedale pubblico è possibile. Ma ora dipende innanzitutto da noi.
Rimando, in questa rubrica, agli articoli:

“Ospedali, una storia di ritardi e di errori”, 12 febbraio 2017
“Sanità, troppe ingiustizie contro Spezia”, 12 maggio 2018
“Ospedale, il Comune deve fasi sentire”, 22 settembre 2018
“Sanità spezzina, la riscossa è possibile”, 3 febbraio 2019
“La salute non si tocca”, 21 luglio 2019
“Il nuovo Ospedale, quanta follia”, 13 ottobre 2019
“Felettino subito, pubblico e solido nelle fondamenta”, 27 ottobre 2019
“Il dramma della sanità”, 10 novembre 2019
“Buone e cattive notizie per Spezia”, 23 febbraio 2020
“Il nuovo Ospedale, il mercato e il diritto alla vita”, 19 luglio 2020
“Nuovo Ospedale, serve un nuovo accordo con lo Stato”, 20 dicembre 2020

Le fotografie di oggi sono state scattate nel Santuario di Airola (Sesta Godano) e nella Chiesa di Comuneglia (Varese Ligure). Chi è interessato può trovare informazioni in due articoli della rubrica di questo giornale “Diario dalle Terre Alte”:
“Arte, cibo, natura e memoria nei paesi del Gottero” (13 settembre 2020)
“Il monte dei Greci” (23 agosto 2020)

Buon anno a tutte e a tutti