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"L’atletica ligure graviterà in futuro sul Montagna"

Atletica Spezia Duferco alle finali interregionali domani. Federico Leporati: "Con il nuovo campo ci sarà da fare di più, ma ci organizzeremo al meglio. Mei presidente Fidal? Un'occasione per tutta l'atletica italiana".

SPECTEC DUFERCO CARISPEZIA PREMIAZIONI ATLETI E ALLENATORI 2014

Il 2017 potrà anche essere l’anno zero delle strutture per l’atletica spezzina, di certo non lo sarà per attività. Sopra la nuova pista del campo sportivo “Montagna”, che sarà stesa nelle prossime settimane, corre la continuità dell’Atletica Spezia Duferco e dei suoi oltre 200 iscritti. Una nuova casa per una delle grandi realtà dello sport provinciale, che in questo fine settimane si trasferisce a Montecassiano, nelle Marche, con i suoi migliori atleti per la finale del Campionato assoluto interregionale per società, sponda “adriatica” dove sono collocati gli spezzini. Senza contare poi che il presidente del sodalizio, Stefano Mei, è anche candidato alla presidenza della Federazione.
Il tempo è maturo per fare il punto con Federico Leporati, direttore tecnico e anima del miracolo biancorosso. Costantemente tra le prime 30 società italiane senza possedere una gabbia per i lanci, con le ragazze che hanno trascinato a suon di risultati tutto il movimento e i ragazzi che promettono nel breve futuro di raggiungerle ai massimi livelli nazionali di categoria.

Montecassiano incombe, con quali obiettivi l’Atletica Spezia si presenta al polo sportivo di San Liberato?.
“Le ragazze possono stare tra le prime, i maschi si presentano con l’ultimo punteggio di entrata e cercheranno di evitare l’ultimo posto. D’altra parte tra i ragazzi siamo molto giovani, c’è meno esperienza rispetto alle compagne in cui esiste una tradizione molto più continua sin dall’inizio della nostra attività”.

Il 2017, con il Montagna finito, promette di essere il primo anno di una nuova era per l’atletica spezzina.
“Speriamo tutti sia un anno di svolta. Dovremo essere bravi a organizzarci con l’impatto che il nuovo campo sportivo avrà sul movimento. Ci vorrà un bel lavoro per mandare a regime la gestione e il funzionalmento del Montagna, per la sua fruibilità. In questi giorni al campo di sopra diciamo che gravitano, tra piccoli, grandi e adulti, oltre duecento persone. Servirà uno schema di lavoro con un orario ben strutturato sulla base delle esigenze di tutti. Ma insomma, non sarà certo un problema. Ci sarà da fare di più, è sicuro, ma avremo in mano la pista nettamente più bella della Liguria e penso tutta l’attività regionale graviterà in futuro sul Montagna”.

Intanto in questi anni non avete solo allenato una squadra di brave atlete e atleti, ma vi siete creati anche la fama di essere una palestra di vita per molti ragazzi della città.
“Per nostra filosofia nelle fasce fino a 12-13 anni non facciamo specialità definite. Voglio dire che i ragazzi e le ragazze vanno sul campo e innanzitutto stanno assieme, partecipano alle gare indipentemente dalla possibilità di fare risultato. Questo è il bello dell’atletica, da noi non si fa mai panchina. Anche uno meno avanti come preparazione e doti naturali può vincere e avere soddisfazioni. E’ un concetto di base fondamentale per l’Atletica Spezia. Anzi, con i ragazzi migliori addirittura a volte rallentiamo il raggiungimento di determinati livelli di qualità in modo che sia sempre vivo in loro lo stimolo a migliorare. L’abbandono dell’attività attorno ai 16-17 anni è un grave problema dell’atletica oggi. O con lo sport si pensa di poter risolvere i problemi della propria vita, e attualmente è molto difficile impostare la propria esistenza attraverso lo sport, sennò alla fine della pista c’è solo delusione”.

Da uomo di sport, cosa ne pensa del “no” alle Olimpiadi romane del 2024? 
“Penso che non sia il momento di parlare di queste cose in Italia. Non sono un tecnico o un esperto di bilanci, mi rifaccio a quello che è successo in altri Paesi, dove da certi sforzi non sono usciti bene. Però non credo che sarebbe stata un’occasione per avere dei vantaggi a livello personale e muovere denaro senza scopo. Oggi siamo a un punto tale per cui nulla sfugge. Semplicemente non abbiamo la struttura e le spalle coperte”.

Eppure un paese come l’Inghilterra sull’obiettivo di Londra 2012 ha impostato una crescita sportiva che li ha portati a essere oggi una delle potenze mondiali dell’atletica.
“Gli inglesi fanno tutti sport. In maniera completamente diversa sa noi, che pensiamo che iscriversi a un corso di pesi in palestra sia fare una disciplina sportiva. Lì fanno sport all’aria aperta sistematicamente, in Inghilterra corrono anche i lanciatori. E’ una cultura di vecchia data: noi diamo tutti i calci al pallone e loro corrono. Ovviamente non c’è niente di male in questo, semplicemente da loro quelli che danno calci al pallone corrono anche. L’atletica viene ancora ritenuta uno sport di base, una formazione fisica ma anche mentale che arrichisce l’atteggiamento nei confronti di ogni altra disciplina e della vita stessa”.

Un tempo i preparatori atletici di molti sport venivano proprio dall’atletica. Oggi sempre meno.
“Vero, noi dell’atletica abbiamo insegnato tanto a tutti, poi ogni disciplinca si è voluta dotare di propri percorsi. Ma devo dire che si vedono degli scempi in giro. E se un allenamento non funziona è facile finire poi a usare integratori… fino al doping nei casi limite”.

Stefano Mei, l’allievo che lei portò alla vittoria agli Europei 1986 nei 10mila metri, candidato alla presidenza Fidal. Che segnale è per l’atletica italiana?
“Penso sia un’occasione che il mondo dell’atletica dovrebbe cogliere. Non tanto per le sue capacità, perché deve ancora dimostrare di saper svolgere quel ruolo, ma perché è una persona pulita. Ha un’immagine bella in un momento in cui c’è tanto bisogno di dare un messaggio anche all’esterno. Non perché il presidente attuale non sia una figura valida, ma è indubbio che si sia presentato con determinati obiettivi e non ne abbia centrato nessuno. Siamo andati indietro in questi quattro anni ed eravamo già indietro con Franco Arese; un mio amico a cui ho sempre parlato chiaro e lui stesso mi manifestva le sue difficoltà nell’operare. Quando un criterio di lavoro non produce effetti, proprio come in un allenamento, si deve fare l’esatto contrario. E’ un momento in cui l’atletica non ha bisogno di cambiare qualcosina, deve invertire totalmente la rotta”.

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