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Indagine triennale

Una ragnatela museale da 250mila visitatori all’anno

L'Istat analizza gli itinerari culturali tra Spezzino e provincia apuana. Meno di un quarto gli stranieri, metà gli ingressi a pagamento.

Una ragnatela museale da 250mila visitatori all'anno

Quest’anno Istat ha realizzato il secondo report sugli itinerari museali, un’indagine sperimentale a cadenza triennale che prende a riferimento i percorsi stradali che collegano musei e istituzioni analoghe in un determinato territorio. “Tramite una procedura Gis (geographic information system, ndr), i 107 musei di partenza – si legge nella nota metodologica dell’Istituto -, scelti in quanto strutture con il maggior numero di visitatori in ogni Unità Territoriale Sovracomunale (le province, le città metropolitane, i liberi consorzi di comuni o le ex provincie del Friuli-Venezia Giulia) sono collegati a tutti gli altri musei che distano fino a 30 minuti di percorrenza in automobile. I tratti di strada percorribili attraversano un insieme di territori comunali nei quali si trovano borghi, aree naturali protette, siti Unesco. Questi territori sono caratterizzati anche dal punto di vista dei turisti che li frequentano e della popolazione che li abita, tutti potenziali fruitori dei musei e del loro patrimonio naturale e culturale”. Uno studio, come detto, sperimentale, nel quale si è inoltrato IlSole24Ore con l’obbiettivo di fornire una lettura dei dati, che tocca anche lo Spezzino.

In particolare, il nostro territorio è solcato da una ‘ragnatela’ museale che parte dal Museo del castello della Spezia e che si diffonde nel territorio circostante, oltrepassando anche il confine con la Toscana, restituendo quindi una sorta di quadro spezzino-apuano che racchiude 32 itinerari, 366mila residenti, 33 istituzioni museali e aree archeologiche: da Luni antica al castello Malaspina, dal Museo navale al Lia, dal CAMeC al Museo delle statue stele al Piagnaro di Pontremoli, le fortezze sarzanesi, i diocesani, l’Etnografico e così via. Lo studio, che prende in esame il dato del 2018, parla di 250mila visitatori totali annuali, di cui il 23.6 per cento stranieri. Equamente ripartiti paganti e non paganti: il 52 per cento ha dovuto infatti metter mano al portafoglio per godersi collezioni e installazioni. L’indagine segnala altresì che questo ‘areale’ si estende su una superficie il cui 14.1 per cento fa parte di aree protette, tanto per unire al valore culturale quello naturalistico. Da attendersi per gli anni a venire ulteriori puntate di questa indagine sperimentale, che certo dovrà far i conti con l’indesiderata ma ineludibile rivoluzione obbligata della pandemia, che tra i suoi prodotti più ovvi ha dato la contrazione delle visite e quella dei flussi extranazionali.

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