Era l’ottobre del 2019 quando, nel corso di un controllo antidroga nei confronti di due giovani, nel cellulare di uno di loro i carabinieri trovavano un’ingente mole di filmati pedopornografici e di violenza, frutto di una chat Whatsapp partecipata da centinaia di persone, sia maggiorenni sia minorenni. Da qui è iniziata un’indagine condotta dalla Aliquota operativa della Compagnia carabinieri di Sarzana per analizzare il contenuto della chat, costituito da migliaia di gigabite, con partecipanti di tutta Italia: il cellulare è stato immediatamente sequestrato e, successivamente, a seguito di perquisizione domiciliare, analogo provvedimento è stato adottato per il tablet del ragazzo, device sul quale archiviava i filmati pedopornografici.
L’indagine ha permesso di individuare 67 persone in tutta Italia, resesi responsabili della condivisione di file pedopornografici nella chat in questione, tutte denunciate in stato di libertà, a vario titolo, per detenzione e diffusione di materiale pedopornografico (da 1 a 5 anni di reclusione e fino a tre anni di reclusione) e istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia (massimo 5 anni reclusione). La pratica è finita sul tavolo dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Genova, competente per materia sui reati commessi dai maggiorenni, e della Procura della Repubblica per i minori di Genova. Il Pm del Tribunale dei minori ha coordinato l’indagine e inviato le deleghe alle competenti Procure sul territorio nazionale. Nella mattinata di ieri, in varie provincie italiane, i Carabinieri hanno eseguito 14 perquisizioni domiciliari disposte dall’Autorità Giudiziaria nel corso delle quali sono stati rinvenuti e sequestrati numerosi apparecchi e supporti informatici, che saranno sottoposti ad accertamenti tecnici.
Nel frattempo la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su un caso esaminato dal Tribunale del Riesame di Milano, ha sentenziato che inviare foto hard a un minore su WhatsApp è violenza sessuale, reato per il quale è prevista la custodia cautelare in carcere. La terza sezione penale della Cassazione, con una sentenza depositata oggi, ha respinto il ricorso della difesa di un 32enne, indagato per aver inviato una serie di messaggi WhatsApp “allusivi e sessualmente espliciti” a una ragazza minorenne, assieme a una foto hard e alla richiesta di ricevere un’immagine dello stesso genere da lei “sotto la minaccia di pubblicare la chat” su un altro social e pagine hot. La giurisprudenza insomma si aggiorna.