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Humans of cinque terre

"La sera sono stanco, ma mi sento in dovere di non esserlo"

Il racconto di Guido da Corniglia: "Io pesco e coltivo: nella mia famiglia, mangiamo solo cose che produciamo noi. Il mio sogno è aprire un punto di trasformazione dei nostri prodotti, non per i soldi ma per dare un senso a quello che facciamo".

Guido da Corniglia

Da piccolo mi dicevano ‘Guido, vai un po’ in cantina a prendere quella cosa gialla sullo scaffale’. In due o tre saliscendi avevo portato dalla cantina i componenti principali per costruire le bombe. Poi andavamo a Santa Maria, davamo un’occhiata giù per vedere i branchi di orate o di triglie, e lanciavamo.
Tutto stava nel calcolo della lunghezza della miccia; troppo corta, e ammazzavi i gabbiani invece dei pesci, troppo lunga e non scoppiava affatto. Alcune volte tiravamo su anche cinque quintali di pesce.

Nella mia famiglia, mangiamo solo cose che produciamo noi. Io pesco e coltivo. Ho una piccola barca a Manarola, un gozzo ligure in vetroresina da 5 metri. Da ottobre a marzo, pesco. Ho una rete tramaglio giapponese, con cui mi dedico a una pesca che le barche più grandi non possono fare, in luoghi che per loro sono inaccessibili per le loro dimensioni. Sono specializzato in orate, triglie, rombi, seppie. Le pesco per consumo personale e quello che avanza lo vendo alle famiglie a Manarola. Quando ho un surplus di pesce lo mando in un gruppo whatsapp e chi prima arriva meglio alloggia. Lo so che ci sarebbero altri strumenti, magari anche più convenienti, ma non sono un tipo tecnologico, non ho voglia di sottrarre tempo alle mie attività per stare davanti al cellulare.

Ho cominciato da bracconiere, come hanno fatto tutti qui, prima che aprisse il Parco. Ora vendo l’uva, e ho una produzione di ortaggi molto grossa. La sera sono stanco, ma mi sento in dovere di non esserlo: la vita di oggi è molto meno sfinente di quella di qualche generazione fa. Prendi Guarino: ogni giorno si camallava delle tonnellate di tronchi di pino su e giù da San Bernardino fino alla stazione. ‘Cosa ci guadagnavi?’ gli chiesi un giorno. E lui, ridendo: ‘Guadagnare? Mangiavo, ecco cosa ci guadagnavo. Il pasto quotidiano’. Mancò a 82 anni, e questo posto non è più lo stesso da allora.

Oggi posseggo due ettari di terreno: prova a chiedere qui alle Cinque Terre, due ettari non ce l’ha nessuno. Col tempo, ho meccanizzato il più possibile. Mio figlio fa l’agrario e negli ultimi anni mi ha dato una grossa mano.
Il mio sogno è aprire un punto di trasformazione dei nostri prodotti. Il punto non è fare soldi, ma dare un significato a quello che facciamo, un senso alla stanchezza quotidiana, che però non è niente rispetto a quella di un tempo.
A volte quando sono stanco mi siedo su un tronco, nel sentiero per San Bernardino. E quando mi siedo rivedo Guarino. La vedi questa collana? L’ho fatta fare a un mio amico gioielliere in suo ricordo. Su quel tronco mi capita a volte di piangere. Sarà la stanchezza.

Guido dialoga con Filippo Lubrano
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