LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto
"terzi figura sacra della storia patria"

"La Germania nazista una Sarzana non ce l’ha"

Piazza d'Armi tutta esaurita per l'intervento di Paolo Mieli in occasione del centenario dei Fatti del 1921.

Paolo Mieli e Filippo Paganini

“Nell’estate del 1921 la democrazia italiana perse una grande occasione. Quando la democrazia ha dei dubbi, venga a Sarzana, ne uscirà corroborata”. Parola di Paolo Mieli, protagonista dell’evento organizzato da Cna, col patrocinio di Comune di Sarzana e Compagnia di San Paolo, in occasione del centenario dei Fatti di Sarzana del 21 luglio 1921, quando militari, civili e arditi respinsero in armi la spedizione fascista organizzata per liberare Renato Ricci, detenuto nella Fortezza Firmafede, sede dell’iniziativa di ieri sera. Dopo i saluti della sindaca Cristina Ponzanelli e della presidente della Cna spezzina Federica Maggiani, l’ex direttore del Corriere della Sera e de La Stampa ha dialogato con il presidente dell’Ordine dei giornalisti ligure Filippo Paganini, calamitando l’attenzione di una Piazza d’armi tutta esaurita. “Sarzana – ha affermato l’apprezzato storico, giornalista e volto televisivo – poteva cambiare la storia d’Italia e in qualche modo l’ha cambiata. Per i fatti di cento anni fa Sarzana è andata sui libri di storia, nei quali c’è la domanda che tutti ci facciamo, cioè se le cose sarebbero andate diversamente se in tutta Italia fosse accaduto quel che accadde a Sarzana, se quindi il totalitarismo ci sarebbe stato risparmiato”.

Un passaggio sulle convinzioni espresse in merito dal presidente Pertini, persuaso che “se tutte le città avessero fatto come Sarzana, il fascismo non sarebbe passato”. Per il direttore Mieli, il presidente partigiano “aveva ragione solo in parte. Diceva una cosa semplice: se gli antifascisti fossero stati uniti come a Sarzana – ricordiamo che a inizio 1921 c’era stata la scissione di Livorno – avrebbero vinto, e che la sinistra unita avrebbe vinto sempre. Ma la lezione di Sarzana è più complessa. I Fatti, che accadono quindici mesi prima della Marcia su Roma con cui Mussolini prende il potere, innescano una crisi nel fascismo. Perché Mussolini era convinto fino a un certo punto di azioni come la spedizione per liberare Ricci, questo non perché si era rabbonito, ma in quanto alle elezioni del 1921, partecipando ai blocchi nazionali di Giolitti, era riuscito a ottenere 35 parlamentari, cosa non accaduta alle elezioni del 1919. Aveva capito che quello era il momento di istituzionalizzare il fascismo e che ricominciare a menar le mani e dare un’immagine rivoluzionaria non andava più bene”. Sintomi, questi, di “una crisi del fascismo, che in quella fase era ampiamente battibile, tant’è che nell’estate del ’21 Mussolini si dimise e una parte del fascismo si rivolse a D’Annunzio perché prendesse le redini, ma lui rifiutò e le cose andarono in un altro modo. Il punto è che Sarzana mise in doppia difficoltà i fascisti, non solo perché seppe mettere in campo unità armate, ma perché li spaccò politicamente. Una grande crisi del fascismo, diviso tra regime e movimento, di cui l’Italia, che purtroppo non fu tutta come Sarzana, non seppe approfittare, ed ecco che nel ’22 Mussolini arrivò al potere. Questa città, e non solo per il 21 luglio, ha qualcosa da insegnare alla storia d’Italia. Gli altri Paesi una città così non ce l’hanno, la Germania nazista non ha la sua Sarzana, noi sì, siamo fortunati, evviva Sarzana”.

Parlando di fatti lontani e dolorosi, è naturale andare al più recente libro di Mieli, La terapia dell’oblio. Contro gli eccessi della memoria. “Terapia dell’oblio – ha messo in guardia il direttore – non come sciatta dimenticanza. Significa invece che solo dopo un certo lasso di tempo, quando le polveri si sono posate e gli animi rasserenati, c’è la capacità di vedere come davvero sono andate le cose, senza voler cercare nel passato le radici dei comportamenti di oggi. Solo in tale momento inizia un’analisi che può essere piena, e soprattutto comincia una comprensione articolata”. Senza che questo significhi, guardando ai Fatti del ’21, “non individuare torti e ragioni. È chiaro che i fascisti avevano torto e chi ad essi si oppose aveva ragione, ma non tutte le cose andarono come facilonamente si è raccontato per anni. Le cose furono più articolate e fu proprio in virtù di questa articolazione che a Sarzana si andò per il verso giusto e che qui la storia poteva cambiare”.

Quindi – prima di una coda dedicata all’attualità – una panoramica su alcuni protagonisti dei Fatti. Renato Ricci, “il ras di Carrara, che portava con sé una sintesi tra fascismo e dannunzianesimo, più tesa verso Dannunzio. Per liberarlo chiamarono fascisti da tutto il circondario e questo dimostra la povertà del fascismo in quel frangente: anche oggi, se una forza politica deve fare venire militanti da fuori in modo che la popolazione non li riconosca o punisca, è una prova di debolezza, debolezza che a Sarzana i socialisti seppero cogliere”. Poi il capo spedizione Amerigo Dumini, “un avventuriero, organizzatore del rapimento e dell’uccisione di Matteotti, ricattatore di Mussolini, che ne aveva paura”. Un ritratto del capitano Guido Jurgens, alla guida dei carabinieri che bloccarono i fascisti alla stazione ferroviaria: “Se in Italia tutte le autorità pubbliche si fossero comportate come lui, se nel ’22 il re non avesse ceduto e l’esercito si fosse opposto alla Marcia su Roma, le cose sarebbero potute andare in altro modo. E Jurgens è stato uno di quei rarissimi uomini che nella storia sono capaci, nel momento decisivo, di dire parole di verità. Sulla ricostruzione degli avvenimenti sarzanesi diede rispose veritiere, sgradite, e le diede subito, in diretta, e questo gli costerà. In genere invece le risposte veritiere arrivano dopo, guardiamo ad esempio il G8 di Genova: sono arrivate dieci, quindici anni più tardi”. Quindi l’allora sindaco socialista Pietro Arnaldo Terzi, che pagherà la ferma fede antifascista con la deportazione e la morte in Germania, nel ’44: “Un socialista radicale ma allo stesso tempo molto politico. Tutti riconoscevano la sua autorevolezza. Un personaggio sacro della storia patria, poco conosciuto, poco studiato e poco omaggiato, tranne ovviamente qui a Sarzana. Non è ben presente nei nostri libri. Un uomo di cui bisognerebbe parlare alzandosi sempre in piedi”.

Più informazioni