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Cds in ritiro

Carismatico e perfezionista, Motta usa solo il “noi”

Princìpi di calcio simili, ma differenze caratteriali sostanziali con il suo predecessore Italiano. Toni pacati, non indugia nel sottolineare l’errore.

Thiago Motta in ritiro

Primo ad arrivare sul campo ed ultimo ad andarsene, perfezionista fino al minimo dettaglio, non esce mai dalla stanza dell’albergo senza aver controllato tutto due volte. Si aggira da solo tra i fratini e le sagome metalliche già pronti per l’esercitazione, poi conta le file di palloni disposte lungo le righe del campo. Un’altra occhiata all’orologio mentre percorre il verde, osservando ogni centimetro del terreno erboso. Volta la testa a destra e sinistra e lo indovini mentre visualizza in anticipo i movimenti che di lì a poco faranno i suoi calciatori.

Questo è Thiago Motta, il primo della classe a Coverciano. Appena assunto. Quanto prenda sul serio il lavoro, lo si capisce anche durante un ritiro in cui si è dovuto adattare alle limitazioni imposte dal focolaio Covid. È entrato ogni mattina prima delle 7 al Ferdeghini nei giorni dopo la firma. Per dare una forma al periodo di allenamento a Prato allo Stelvio, ereditato dal suo predecessore che aveva insistito con il club per salire in montagna due volte.

Motta ha anche organizzato, ogni sera dopo cena, incontri dedicati alla lingua italiana per il suo secondo Hugeux (Colinet già comunica senza problemi), ma l’obbligo di distanziamento ha cancellato i corsi di terminologia tecnica. Vederlo spiegare gli esercizi con il pallone tra i piedi è ancora uno spettacolo. Il passo felpato ed elegante, la afferra incollata al piede ed il calcio preciso. I palmi delle mani si incrociano e schioccano (“boom!”): chiede passaggi secchi e diretti. E poi vuole il gol. Ogni tiro in porta deve valere come se fosse partita.

Il salto dal modo di allenare di Vincenzo Italiano è netto. Il carisma qui è espresso con pacatezza, l’errore è sottolineato senza indugiarvi. Il tono della voce sempre misurato, suggerimenti non lesinati ma accompagnati a domande per tenere viva l’attenzione: “Sei d’accordo?”. “Concentrazione ragazzi: gol! gol!”. Pare che il focoso leader del centrocampo, che in carriera si è manifestato in più di un’occasione, non sia scomparso. È domato dalla maturità dell’allenatore. Quello che usa il noi per spiegare ogni vittoria e ogni sconfitta. Così si insegna ai ragazzi del Barcellona da sempre. L’imprinting è rimasto. Nessuno stupore se l’attrezzatura dal campo la leva con le sue mani.

Andrea Bonatti

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