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"il calcio di provincia è già moribondo"

"Superlega: quando il bambino ricco porta via l’unico pallone con cui giocare"

Pallone sgonfio

Io, tifoso di provincia, sento il forte desiderio di intervenire per tentare di difendere quel poco che resta del calcio così come lo abbiamo conosciuto, perché non sia solo business, ma resti anche un briciolo di competitività. La Superlega è un tentativo di instaurare un campionato “monarchico”, un campionato a cui si partecipa per diritto dinastico, 12 club che ne hanno sempre diritto, come se fossero le case regnanti d’Europa, senza dover guadagnare il privilegio di parteciparvi combattendo sul campo, di guadagnarselo sconfiggendo le altri pretendenti. E le altre? Perché Roma, Napoli, o Atalanta, oppure, perché no, Sassuolo, Verona o Fiorentina non possono parteciparvi? O meglio, potrebbero parteciparvi soltanto se invitate “alla festa”. Perché un giocatore come Francesco Totti, o Giancarlo Antognoni, o Gigi Riva, per misurarsi con un campionato di “élite” dovrebbe abbandonare la squadra che li ha cresciuti, e andare forzatamente a giocare con una delle squadre che sin da ora si “auto eleggono” a parteciparvi “forever”.

Mi pare evidente, e alquanto ovvio, che è il bambino ricco che porta via dalla piazza l’unico pallone con cui giocare, lasciando ai bambini poveri la sola alternativa di cambiare gioco, o tornarsene a casa, o giocare con un’arancia a mo di pallone. La Superlega esiste già, si chiama Champions League, e frutta alle partecipanti, soprattutto quelle che vanno avanti nella competizione, che poi sono sempre le stesse, milioni e milioni di euro, con i quali hanno già scavato un divario con il restante mondo calcistico. Eppure non gli basta, non è sufficiente, gli alti costi, li spingono a spingersi oltre, con il rischio di fare implodere e distruggere tutto il giocattolo. Invece di elaborare strategie per abbassare gli indebitamenti, vanno alla ricerca ancora di più soldi, accecati da una ingordigia senza pari.

Così si finisce per uccidere la competitività, la bellezza e la volontà di ogni squadra che non faccia parte delle “Elette”, ma anche delle squadre minori, di avere l’ambizione di migliorarsi, di crescere, di ambire a traguardi sempre migliori.
La bellezza del calcio è anche costringere un Maradona, o un Cruyff, a giocare una partita vera, una partita che conta, non una semplice amichevole, in uno stadio di una provinciale, di permettere a un tifoso di una squadra minore di vedere nel proprio stadio il grande campione giocare contro la propria squadra del cuore.
Un campionato dove non ci sono retrocessioni, all’americana, che senso ha! se non quello puramente economico, comunque limitato all’interesse di una decina club, e basta. Manca la sfida, l’emozione del giocare per un traguardo. Anche il campionato stesso, quante partite inutile vedrebbe, una volta che la metà delle squadre fossero escluse dalla possibile vittoria di quel campionato?

Il calcio di provincia è già moribondo, colpito al cuore dagli alti costi, ogni anno si assiste a piazza gloriose fallite, costrette a giocare campionati minori, come ad esempio Palermo e Bari, la Superlega sarebbe l’omicidio perfetto, la fine, con pochissimi club a gestirsi il business, senza non dover più nemmeno distribuire le briciole.

La presa di posizione, e la minaccia, di escludere questi club, e i loro giocatori, dai campionati nazionali e dalle rispettive nazionali, mi sembra l’unico modo per cercare di salvare il mondo del calcio, ma non so se basterà, credo che gli unici che possono fermare questa follia, siano i tifosi di queste squadre, con una presa di posizione collettiva e contraria a questa Superlega, che non mi riesce di chiamare “competizione”, perché competizione non è.
Credo, se ci riflettono bene, che convenga anche a loro, l’emozione di giocare sempre per qualcosa, contro chiunque, e non sempre con le stesse squadre allo sfinimento, non può essere sacrificata per un fatto puramente economico. Insorgano contro le loro società, lottino in nome di ogni altro tifoso che non ha il potere di farlo. La sopravvivenza del calcio come lo conosciamo è a un bivio, fermiamo questa follia, e ricordatevi che le case regnanti a forza di apparentarsi tra loro, avevano sviluppato una malattia del sangue, il calcio rischia il medesimo finale.

Paolo Carafa