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Un lettore: "Sistema dei colori come il termostato di casa. Aperturisti o rigoristi? Dibattito falso"

Giovanni Toti

Il dibattito tra aperturisti e rigoristi, così abbiamo imparato a definirli, è stucchevole, insopportabile. Oggi l’Huffington Post pubblica un articolo sul fatto che la Sardegna è tornata in zona rossa, da bianca che era. Incredibile, si dice, ma cosa hanno sbagliato? I cittadini non hanno fatto tesoro di quanto avevano guadagnato, la possibile risposta. Incredibile, invece, che nessuno discuta del sistema dei colori. I sistemi di confinamento sociale si basano su modelli – qualsiasi essi siano – che considerano la massa dei cittadini e il comportamento medio (o almeno di una media di classi di cittadini) e non certo il comportamento di ciascun individuo: sarebbe impossibile.
Il sistema dei colori con il quale regoliamo il comportamento al coronavirus della massa dei cittadini si basa su un concetto alquanto semplice. Tutti in casa abbiamo il riscaldamento per regolare la temperatura. Se vogliamo 20 gradi sistemiamo la temperatura desiderata e aspettiamo che il sistema di controllo faccia il suo. Se il termostato misura 18 gradi esso accenderà per noi la caldaia e alzerà la temperatura in un certo tempo finché essa non arriva al valore desiderato. Nei sistemi di controllo più semplici il termostato tiene accesa la caldaia finché la temperatura arriva a 20 gradi poi la spegne. La temperatura quindi, per inerzia, crescerà ancora un poco, diciamo a 20,5 gradi, e la caldaia resterà spenta finché la temperatura non scenderà sotto i 20 gradi, per tornare ad accenderla. E via così. Il sistema dei colori – in assenza di altre tecniche di controllo – funziona allo stesso modo.
In Sardegna siamo in zona bianca? Ottimo, spengo il sistema dei confinamenti, il contagio torna a salire, la regione torna di colore giallo, arancio, rosso. Riaccendo il sistema dei confinamenti e la regione torna indietro. E via così. Come fa il termostato in casa. Il comportamento di ogni singola molecola (di ogni cittadino) non c’entra nulla, ovvero non possiamo fare affidamento sulle scelte dei singoli per modificare il comportamento complessivo. Se vogliamo modificare il nostro numero obiettivo (i decessi tollerabili) dobbiamo incidere sul comportamento medio, e il comportamento medio lo si modifica con confinamenti e aperture semplici e decifrabili, buone per la media delle persone, al meglio incidendo su gruppi specifici se essi sono caratterizzati da comportamenti medi facilmente identificabili.
Il dibattito tra aperturisti e rigoristi è dunque insopportabile e falso, fuorviante. I governanti, tutti quanti, dal Governo Draghi ai presidenti di regione, incluso Toti, a Salvini, a Speranza, condividono un sistema che tutti accettano e avrebbero dovuto essere onesti trattando tutti noi come gente mediamente intelligente. I nostri governanti hanno deciso di tollerare un certo numero di morti (e quindi di terapie intensive, di ospedalizzazioni, e infine di contagi in generale). Il sistema dei colori tollera, per come è fatto, un certo numero di decessi, allo stesso modo in cui il termostato di casa persegue (accetta, tollera) una certa temperatura. Non è contestabile in sé il sistema. Se i nostri governanti decidono che esso è accettabile ci fidiamo e condividiamo. È solo necessario dirlo e spiegarlo e non far finta di scandalizzarci per i cinquecento e passa decessi contabilizzati ogni giorno, altrimenti la cosa diventa insopportabile e odiosa. Se il presidente Draghi o il presidente della Regione Toti ritengono di condividere il livello di mortalità fissato dal sistema dei colori nazionale, lo applicano e procedono. Se non tollerano i decessi e ne vogliono di meno restringono le regole di confinamento e chiudono di più. Punto. È insopportabile la retorica utilizzata. Del resto, tutti i giorni accettiamo tante cose, gli effetti di tanti rischi concreti. Basta pensare agli incidenti automobilistici mortali. In tempo normali ne accettiamo seimila all’anno ma non per questo blocchiamo la circolazione delle auto. Accettiamo sessantamila morti all’anno per effetti indotti dall’inquinamento nelle città ma non per questo fermiamo tutte le metropoli o impediamo alle auto di circolare e ai riscaldamenti di funzionare. Forse dovremmo? Dibattiamone. In società ampie, complesse e articolate accettiamo tutti i giorni rischi ed effetti collaterali.
Come calano i decessi? Lo abbiamo ben compreso, con il confinamento e con i vaccini, e i nostri governanti hanno le leve per agire, a tutti i livelli, compresi i presidenti di Regione che fanno a gara per scrollarsi via il ruolo di rigoristi, comprensibilmente antipatico, senza però spiegare come fare diversamente, senza prendersi la responsabilità di dire che sono disposti ad accettare un certo numero di decessi, e senza tentare nemmeno di convincere i propri cittadini che sarebbe proprio giusto e in che modo (o magari no) tollerare i decessi. Un pudore stucchevole. Il sistema dei colori mantiene tiepido il numero dei morti così come il nostro termostato ci tiene calda la casa. Ma perché anche il presidente Toti, i leghisti di Salvini non ce lo spiegano così, e poi lasciano decidere i loro elettori se fanno bene o se fanno male a tollerare una certa mortalità, invece di spiegare ogni giorno che fosse per loro aprirebbero tutto, che la contabilità è di un certo tipo e non di un altro, che quando il governo stringe sui confinamenti loro forse non lo avrebbero fatto, che devono subire le decisioni del governo (quando invece hanno ampi spazi di autonomia per irrigidire i confinamenti, se lo desiderano)? Se ce lo spiegassero con onestà e intelligenza non possiamo nemmeno escludere che la gran parte dei cittadini lo accetterebbe, oppure no. È la responsabilità del fare politica, che qualcuno decide di esercitare e altri no.

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