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Una storia spezzina

Una storia spezzina

Il torcularium del Varignano Vecchio, la scoperta di un secolo fa

di Alberto Scaramuccia

Il torcularium della Villa Romana

La villa romana i cui resti sono al Varignano vecchio, prossima alle Grazie ed al centro della Marina, l’ho scoperta un quarto di secolo fa, ma mai è diminuita nel fascino.
Il latino villa aveva un significato diverso dall’attuale indicando una costruzione residenziale che comprendeva anche una parte produttiva. Penso che la parola si possa tradurre con fattoria.
In questa che stava al Varignano si produceva soprattutto olio ed era di un certo livello essendo dotata anche di un’insenatura, una piccola caletta con una banchina per l’attracco delle imbarcazioni.
Ne dico oggi perché fu ritrovata giusto cento anni fa, alle fine di maggio del 1920.
Stavano scavando per costruire in cantiere dell’Ansaldo al Fezzano e durante i lavori di sterro, nei pressi della spiaggia che ancor oggi si chiama Artiglié, “furono ritrovati avanzi di una costruzione specialissima”, dice il quotidiano che ne dà notizia il 27 maggio.

Chi ritrova i resti, informa immediatamente l’Ispettore dei Monumenti che è il “Comm. Mazzini” che subito si mette in moto ed identifica i ruderi come avanzi di edifici di costruzione romana. Lo dimostrano, infatti, i due spessi muri rimasti che sono di certa origine romana per il modo con cui sono stati edificati. Il nostro Ubaldo fa fare qualche assaggio nel terreno e trova parecchi frammenti di manici di anfore e di recipienti. Ritrova anche i resti di un dolium, la giara interrata dove si conservava l’olio.
L’Ubaldo Commendatore non si spinge molto in avanti nella diagnosi che è pregiudicata dai pochi resti fino a quel momento reperiti, ma avanza l’ipotesi che la villa rifornisse la flotta romana quando stazionava nel Golfo prima di partire per le sue imprese militari.

Le ricerche si fermarono lì e, dopo qualche piccolo saggio degli anni Trenta, ripresero con maggiore decisione alla fine degli anni Sessanta che fornirono una migliore fotografia del tutto a cominciare dalla datazione. La fattoria data al primo secolo avanti Cristo e continua nell’attività fino al secondo dopo.
Fra le tante cose, si registra un’evoluzione tecnica nei macchinari adoperati per la produzione di olio.
Infatti, mentre prima le olive si spremevano “a mano”, cioè con i piedi muniti di speciali calzature lignee, in periodi successivi si adopera un torchio costituito da due mole di pietra unite da un asse che gli animali, ma anche un paio di uomini, rotolano sulle olive per separare la polpa dal nocciolo. Si passava poi alla spremitura vera e propria con un torchio a pressione che agiva schiacciandole su un sacco in cui era contenuta la poltiglia precedentemente ottenuta.

PS: Nella foto, l’area dove si spremevano le olive, il torcularium.