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Una storia spezzina

1917, un Natale di guerra e privazioni

di Alberto Scaramuccia

Soldati ai reticolati, 1917-1918

Per le festività più importanti spesso faccio un salto indietro di cento anni per ricordare come si celebrava la ricorrenza un secolo prima.
Non è così oggi ché il Natale 1917 fu festa da dimenticare: la guerra bruciava incessante risorse e vite, non c’era voglia di stappare bottiglie, di dolci non ce n’erano ché lo zucchero era più raro e prezioso dell’oro. Le uniche notizie di quel duro Natale di guerra sono le novene recitate nelle chiese per impetrare la fine delle ostilità, anche se ci sarebbe voluto quasi un altro anno prima che il cannone finisse di tuonare, senza scordare che la tanto desiderata pace non avrebbe portato la calma e lo sviluppo che aspettato da tutti.
Quei tempi duri suggeriscono dunque di dire di altra cosa che era tanto all’ordine del giorno allora da riuscire a far dimenticare per un attimo la guerra, le privazioni che imponeva e le afflizioni che si portava dietro.
Ebbene, nonostante tutto, si continuava a manifestare con forza identica al passato, l’aspirazione ad una nuova circoscrizione amministrativa che facesse capo alla Spezia. La città allora faceva parte della Provincia di Genova che comprendeva al tempo quasi tutta la Liguria, restandone escluso solo il ridotto territorio di Porto Maurizio (l’odierna Imperia), relitto dell’antica provincia di Nizza.
Il travolgente sviluppo economico che conosce la Spezia dopo la creazione di Arsenale, industrie e porto stimola ben presto negli Spezzini il sogno ambizioso di fare della città il capoluogo di una nuova provincia che ricostituisca l’antica, e ormai persa, unità lunigianese riunendo sotto un’unica amministrazione la terra che dal Parmense scivola giù fino alle calde sabbie della Versilia.
Le motivazioni che spingevano verso questa richiesta erano, dunque, strettamente connesse con esigenze originate dalla produzione industriale, dal suo indotto e dai traffici che ne derivavano, ma, proprio cento anni fa si affaccia un motivo di diverso genere che è finora sfuggita alla ricerca.
Per cercare di ovviare alla mancanza di generi alimentari causata dalla guerra, il Governo dapprima proibisce l’esportazione dei prodotti alimentari da una provincia all’altra, ma poi autorizza la vendita fra province limitrofe. Per Genova, ciò significa commerciare con l’alessandrino trascurando del tutto il retroterra spezzino, cioè il mercato più vicino a noi che da Aulla va a Pontremoli.
Da qui il mugugno dei produttori spezzini che da questa situazione traggono maggiori spunti per richiedere la Provincia che, però, arriverà solo nel ’23 e non nella dimensione sperata.
Comunque, buon panettone a tutti!

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