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Una storia spezzina

Rosa Luxemburg e quel soggiorno a Levanto di un secolo fa

di Alberto Scaramuccia

Rosa Luxemburg

Rosa Luxemburg era una figura di spicco nel movimento operaio europeo quando nel giugno 1909 soggiorna a Levanto. Scende nel Bel Paese dove l’ha fatta conoscere Turati, dopo tre anni. Dopo un paio di mesi a Genova si reca qualche giorno a Levanto di cui Rosa lascia un bel quadretto in una lettera che il 13 di quel mese a Luise Kautsky, allora grande amica.
Della cittadina rivierasca la donna apprezza l’incantevole piccola insenatura e ne gradisce la vita tranquilla: non ci sono navi o pescherecci che altrove limitano il panorama, né macchine strombazzanti che intorbidano l’aria con i fumi. Unici rumori sono i ragli dei muli e le grida di chi li porta.

Sotto alla collina dolce e coperta dalle tante sfumature verdi di olivi e pini nella parure cromatica che è la bellezza della nostra costa, si stende la Piazza Municipale con uffici, posta e guarnigione. Ma è il sole il vero protagonista della vita cittadina: inonda tutto annegando persone e cose nel suo fulgore abbacinante. Spicca solo la statua di Cavour la cui dedica (Al più grande Statista), l’irriverente Rosa cambia in La più grande comparsa. Con alcune lavandaie che strusciano i panni nel fiumiciattolo dai grandi cedri, si vedono solo degli uomini che all’ombra di qualche sporgenza empiono la piazza del loro chiacchiericcio incessante che disturba Rosa assorta nel lavoro facendole venire voglia di accovacciarsi al sole: desiderio difficilmente pensabile in una rivoluzionaria.

La cittadina si rianima non appena la calura si smorza: i bimbi giocano per le strade dove compare il carrettino del gelataio. Non resistendo all’offerta allettante la donna si fa largo fra i ragazzi per comprare 10 centesimi di gelato in un piccolo cono di cialda, mentre l’impiegato della posta in scarpe bianche e cappello alla garibaldina, fa il gagà e il farmacista parla di politica con un amico, entrambi sommersi dal cappello. La tanta luce influisce sulla gente che nella processione interrompe il canto per ridere. L’astro, conclude Rosa, acceca il Signor Gesù: ma non è blasfemia, solo l’effetto del sole su chi non è gli avvezzo.

Nessuno sa quale fosse il lavoro su cui Rosa era impegnata. Si può solo avanzare un’ipotesi. A maggio Lenin invia alla Luxemburg, che stima e apprezza pur non essendo i due sempre in sintonia, una copia dell’appena edito Materialismo e Empiriocriticismo, libro in cui attacca duramente la socialdemocrazia. Rosa recensirà il libro l’8 ottobre su Die Neue Zeit, prestigiosa testata socialista dell’epoca: apprezza le idee di Lenin sul partito, ma non sul centralismo democratico di cui intuisce lo sbocco fatale nel potere assoluto di burocrazia e nomenklatura.
Se Rosa (che comunque la si giudichi spicca nell’intellighenzia europea di inizio 900) a Levanto lavorò su queste idee che sono il nucleo della sua riflessione, posso solo supporlo. Però mi piace pensare che uno dei cardini del pensiero di questa grande donna si sia meglio formato al sole della nostra Riviera.