“Quando è finito l’anno scorso, un anno molto positivo per me, volevo staccare e esaminare quanto fatto. Era stato un anno complicato a livello di squadra. In estate con calma ho scelto la situazione migliore per me, la squadra che mi può far crescere e aiutare nel mio percorso. Ho sentito il direttore e il mister, per me è stato amore a prima vista. È la scelta più giusta e lo dimostrano i primi giorni, molto importanti per me. Sono molto concreto di essere qui”. Ha scelto l’insolito 48 per la sua nuova maglia bianca, perché era proprio il numero stampato sulla maglia della Roma all’esordio assoluto assoluto con la prima squadra della sua città. Qualcosa di molto significativo per quel piccolo funambolo, notato da un certo Bruno Conti che nel 2013 lo portò nel settore giovanile del club giallorosso.
Così Mirko Antonucci si presenta alla stampa spezzina, desideroso di confermare l’ottima stagione con la maglia del Cittadella in un contesto certamente più competitivo e ambizioso: “Sì, è il numero della mia prima volta alla Roma e me lo sono portato dietro. Ho scelto di cominciare con questo perché per me conta tanto”. Il rilancio in Veneto, la consacrazione in riva al Golfo, l’auspicio è quasi un’ovvietà: “Quello che voglio dare e il motivo per cui sono venuto è aiutare la squadra a fare qualcosa di importante. Poi che sia con o assist va bene, ma sono qui per aiutare la squadra anche in una fase di non possesso, per essere un giocatore a 360°, sacrificandomi con la squadra”.
Il ruolo, una questione formale. Perché nel football odierno determinati concetti sono comunque superati: “Il mister mi ha detto subito che nel calcio moderno non ci sono ruoli fissi. Il nostro calcio è molto di rotazioni, di alternanza nei ruoli, quindi dove vorrà e penserà sia meglio mettermi mi adatterò e mi metterò al servizio della squadra. Se mi piace questo calcio? Direi che è una cosa che mi piace tanto svariare sul fronte d’attacco. Il mister chiede questo, mi sto trovando bene. Siamo ancora all’inizio devo capire bene ancora cosa vuole il mister e cosa preferisce. Stiamo lavorando bene, siamo sulla strada giusta”. Arrivato direttamente a Pontremoli, a ritiro praticamente finito, ha subito trovato spazio nei test amichevoli. E visto che un po’ di tempo è comunque passato s’iniziano a fare le prime conoscenze, in campo e fuori: “A livello di squadra ho trovato compagni molto calorosi, mi hanno accolto molto bene. Sembra che sono qui da tanto e ne sono molto contento. Lavoriamo tanto, è la cosa principale per fare qualcosa di importante. Mi ha stupito molto questo, mi ha stupito il modo di fare del mister e di come ci alleniamo ogni giorno per raggiungere qualcosa di importante. Lo facciamo attraverso il lavoro di ogni giorno, dal primo allenamento dal ritiro a ora”.
Lo Spezia è una neo-retrocessa, ha ambizioni ma sa di dover stare molto attenta all’equilibrio e all’imprevedibilità, marchi di fabbrica della serie B italiana, il torneo probabilmente più livellato del calcio nazionale: “Sarà un campionato diverso, un campionato in cui ogni partita va giocata altrimenti rischi anche con le ultime. Starà a noi tenere alta l’asticella, per dimostrare che possiamo fare cose importanti per il futuro”. Da Cittadella al “Picco”, il mondo cambia parecchio per uno nato e cresciuto allo stadio Olimpico. “Sono due piazze diverse, lo sappiamo. Se giochi a pallone devi gasarti per avere queste pressioni, è una cosa che mi piace. A Cittadella l’anno scorso c’erano pressioni perché potevamo retrocedere e un calciatore deve sapersi esaltare in queste condizioni. L’obiettivo? Mi aspetto di fare più gol possibili per rendere tutti più felici, me e la squadra. Speriamo ci sia sempre tanta gente al Picco e che ci aiutino per regalargli vittorie e gioie”.