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La testimonianza

Mamma e Oss pendolare a Genova: “La rabbia per non aver passato il concorso con gli ex colleghi mi fa svegliare ogni mattina”

Covid, operatore sanitario

Erano 158 gli Oss alle dipendenze di Coopservice che sono rimasti senza lavoro dal 31 maggio 2022, quando il contratto con Asl5 è scaduto senza una possibilità di rinnovo. Dal primo giugno 2022 è scattata la cassa integrazione, tramontata sette mesi dopo, lo scorso 31 dicembre. Di questi il 50 per cento è tuttora disoccupato mentre altri sono riusciti a trovare lavoro in Rsa private o a reinventarsi completamente cambiando mestiere. Trentatré di loro sono stati riassorbiti per coprire il fabbisogno di personale tramite un apposito concorso la cui graduatoria è tuttora aperta.
Abbiamo intervistato una ex Oss di Coopservice che, dopo aver superato un concorso a Genova per Asl3, è stata assunta presso l’ospedale pubblico di Villa Scassi. Per sua volontà è voluta restare nell’anonimato, questa è la sua testimonianza.

Come ha vissuto l’iter che ha portato al vostro licenziamento?
“Non voglio parlare di cose brutte. È stato davvero triste, è stato triste metabolizzare. Quattro mesi senza stipendio, senza cassa integrazione. Ti devi abituare all’idea, alla realtà scusa, e la realtà è che non hai più un lavoro. Quando mi ha chiamato Asl3 per dirmi di essere stata assunta è stato come un nuovo inizio. Mi hanno chiamata tre giorni prima di Natale, è stato il regalo più bello che potessi ricevere”.

Ci può descrivere la sua giornata tipo?
“La sveglia mi suona alle 3.40 del mattino, così riesco a prepararmi e a preparare le cose per la famiglia. Alle 4.20 esco di casa e vado in stazione a prendere il treno e verso le 7 arrivo a Genova Principe. Poi inizia la maratona di New York: corro per prendere l’autobus che mi porta a Villa Scassi e poi corro per arrivare a lavorare e solitamente arrivo due o tre minuti prima dell’inizio del turno. Proprio a pelo. Faccio il mio turno, che finisce alle 14.15, e poi riparto per prendere il treno delle 15. Se invece faccio il turno di pomeriggio arrivo a casa alle 23”.

Riesce a ritagliarsi del tempo con la famiglia?
“Quando arrivo vado a fare la spesa, faccio da mangiare, aiuto i bambini a fare i compiti, le solite cose. Ecco, quello che cerco di fare è non cambiare le abitudini ai bimbi, per esempio, portandoli a fare attività fisica o semplicemente passare del tempo con loro. Perché tutto si accumula, cioè, anche lo stare con i figli diventa complicato, a volte crollo dalla stanchezza e mi addormento. Oppure quando stanno male devo trovare qualcuno che li tiene e non è facile. Ti faccio un altro esempio: i due giorni di riposo li passo a pulire, rigovernare, a fare le faccende di casa. I panni solitamente li stendo alle 4 del mattino. Per fortuna che c’è mio marito che fa i salti mortali: è il mio factotum. Lui mi consola sempre e mi dice che quello che faccio io lui non riuscirebbe a farlo”.

Oltre al sostegno della sua famiglia, che cosa la aiuta ad alzarsi tutte le mattine?
“La rabbia di non essere riuscita a superare il concorso dove sono stati riassunti alcuni dei miei ex colleghi. Lo faccio principalmente perché voglio ritornare a lavorare in Asl5. Sono mesi che faccio questa vita, inizio a sentire la stanchezza, lo sbattimento. Stanchezza mentale non solo fisica: io odio arrivare in ritardo. Quando succede devo chiamare la caposala e in base al ritardo mi decurtano lo stipendio. A quarantatré anni non è una passeggiata. Meno male che all’Esselunga si può fare la spesa online”.

Una donna forte come lei che sguardo rivolge al futuro? 
“Ti dico la verità: i colleghi in Asl3 mi hanno fatta sentire a casa, oltre le aspettative, mi hanno accolta a braccia aperte. Però mi manca Asl5, era la mia seconda casa. Spero di poter tornare a fare quello che amo nella mia città. Sono ancora più consapevole che il mio lavoro sia questo. Io ho iniziato per gioco e ora mi piace quando il paziente mi riconosce anche fuori dall’ospedale, quando sento dire “quando ho partorito c’era lei”. Sono soddisfazioni”.

 

 

 

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