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L'intervista a gaetano amato

“The Spezziner” omaggia San Giuseppe con una copertina ‘special edition’

La fiera patronale ormai è spogliata della sua veste religiosa. Effetto dei tempi moderni: laici, politeisti, miscredenti. Si lascia ai parroci il difficile compito di educare al senso cristiano e aumenta il merchandising della festa profana, che si carica di simbologia. Dopo sospensioni e slittamenti pandemici, quest’anno la Fiera di San Giuseppe torna quella della tradizione, nelle sue strade, nei suoi giorni, pieni di bancarelle, musiche e cibi.
“Che cos’è San Giuseppe se non pesci rossi, palloncini e panino con la porchetta?”. È Gaetano Amato a chiederlo, artista locale chiamato a illustrare la special edition del 19 marzo di The Spezziner, la rivista che omaggia il The New Yorker, di cui però, nel caso di The Spezziner, esiste solo la copertina. “Mi è piaciuto subito il progetto di The Spezziner – dice Amato – perché mi conforta l’idea di far parte di un collettivo e allo stesso tempo di mantenere la mia specificità. E poi mi dà la possibilità di riflettere con un gesto disegnato su una parte identitaria della città in cui vivo. Come raccontare un aspetto di Spezia e provincia solo con un’immagine? È una bella sfida. Ogni settimana esce un’illustrazione nuova, ma il progetto è giovane, è partito a gennaio; quando mi hanno contattato avevo pochi riferimenti, se non quelli già pubblicati per le altre città come The Milaneser, The Parisianer, The Palermitaner e tutte le città-er che hanno già lanciato la loro rivista immaginaria”. Grafici, fotografi, illustratori e pittori più e meno noti hanno già pronta una copertina: Valentina Allegri, Dario Baracco, Mauro Baraldi, Alberto Barli, Pietro Bellani, Edoardo Garibbo, Gloria Giuliano, Davide Liguori, Ginevra Liguori, Michele Peroncini, Nicola Perucca, Andrea Spezia, Giuliano Tomaino,…

 

Gaetano Amato

 

Gaetano Amato è autodidatta, ama il tratto a mano, le chine, le matite. Soprattutto quelle già usate dalla figlia della sua compagna. Ha sempre scarabocchiato e, dacché il mondo è moderno e la formazione in ambito creativo non passa più dalle botteghe, ha sempre sperimentato, pur dedicandosi più al calcio e ai turni al supermercato. Finché non ha cominciato a sperimentare seriamente, “complice la mia compagna Ghill che mi lascia disegnare anche cinque ore al giorno”, dice, assecondando la sua vocazione sopita. Tanto da firmare le sue opere con una doppia lettera G: una per la mano che traccia, l’altra per consorte che ispira. “Ho qualche reticenza con il digitale: trovo che sia un’arte fredda, piatta. A me piace il segno sul foglio, mi piace saggiare la consistenza della carta. Mi dicono di non usare la carta martellata: ma è proprio quella che rende l’effetto che cerco! E poi devo sempre provare le penne: non comincio mai un’opera con la penna nuova, c’è troppo inchiostro. Lo Spezziner in questo senso nella mia vita artistica è un’eccezione: si trova online, è un prodotto adatto ai social, che si fruisce principalmente nel virtuale. Quando l’Associazione Studio18, associazione culturale che ha lanciato il progetto, mi ha invitato a proporre uno schizzo sulla spezzinità, a me è venuto in mente di fare un labirinto. I labirinti sono una delle mie cifre stilistiche. Mi costringono a costruire un disegno cerebrale. Al centro ho messo un limone: la stazione centrale. Alle uscite delle estremità ci sono cozze e muscoli. Ma il limone non potrà mai trovare la via delle cozze libera: cinque ancore bloccano il passaggio. Cinque come le cinque terre. È un labirinto grande quasi un metro: immaginate la contentezza della redazione dello Spezziner quando l’ho presentato!”.
The Spezziner
“Che cos’è la spezzinità? È fare colazione con la focaccia nel cappuccino. O, appunto, spezzinità è i pesci rossi alla fiera di San Giuseppe”. Ecco quindi che il punto di vista dell’edizione speciale di The Spezziner si sposta, diventa il panino nell’attimo prima di essere addentato. Sullo sfondo, la cattedrale svetta sul turbinio rumoroso di colore della folla, riallacciandosi alla ricorrenza simbolica. Le enormi dita tengono il filo a cuore di un palloncino a forma di aquila. Volerà poi allo stadio. E sulla destra, enorme come il Marshmallow dei Ghostbusters, spunta un enorme pesce rosso. Amato potrebbe citare il Ray della pellicola, che dichiara di non sapere bene come l’immagine, apparentemente innocua, si sia formata nella sua mente: “Non è colpa mia. Ci è entrato così, da sé”. Nel disegno originario le mani uscivano dallo spazio del disegno, come già i nasi della sua serie Pinocchio. Bisognava però rispettare il format della copertina. Resta soltanto da godersi i colori della ritrovata fiera ricordandosi di non incrociare i flussi. Per seguire le uscite dello Spezziner: www.spezziner.com
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