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Causa vinta grazie al sostegno del patronato inca cgil

Quasi 600mila euro di risarcimento dalle ferrovie, famiglia di un macchinista ucciso dall’amianto vince la battaglia

Aveva svolto l’attività di macchinista ferroviario alle dipendenze delle Ferrovie dello Stato dal 1957 al 1994, cui era poi subentrata Rete Ferroviaria Italiana Spa, con assegnazione alla Spezia.

Era la fine del 2017 quando in conseguenza di un diffuso malessere, su consiglio del medico curante effettuava accertamenti specialistici. Nel febbraio successivo arrivò la terribile sentenza:..”una massa solida … che appare in continuità con un ispessimento pleurico…”. Come da prassi, venivano svolti ulteriori approfondimenti che stabilivano l’effettiva esistenza di un mesotelioma pleurico sarcomatoide conseguente all’esposizione professionale ad asbesto. La malattia comportava il decesso dell’ex macchinista nel settembre 2018. Il figlio e la moglie non hanno accettato di far passare sotto silenzio il terribile destino a cui era andato incontro il loro caro e tramite il patronato Inca Cgil della Spezia, con l’assistenza dell’avvocato Andrea Frau, hanno avanzato domanda di risarcimento danni a Rete Ferroviaria Italiana.

L’attività lavorativa del macchinista ferroviario lo aveva esposto all’inalazione continua di fibre d’amianto. Sulle locomotive elettriche dalla fine degli anni ’40 è infatti iniziato l’uso di amianto sotto forma di cartoni per l’isolamento delle scaldiglie del riscaldamento elettrico. Dalla metà degli anni ’50 è partita la coibentazione sui nuovi rotabili con amianto spruzzato della varietà crocidolite. All’inizio degli anni ’60 fu deciso di estendere questo tipo di coibentazione a tutte le carrozze circolanti, tanto che il loro numero complessivo ammontava a circa 8.000. I primi provvedimenti di prevenzione furono approntati all’inizio degli anni ‘80 e completati alla fine di quel decennio. Negli anni ’90 le carrozze con la coibentazione della cassa in amianto friabile furono accantonate ed il programma di bonifica è stato completato all’inizio degli anni 2000.

È stato stimato che in una carrozza ferroviaria veniva usato fino ad una tonnellata di amianto, e abbondante è stato anche il quantitativo usato sulle cabine di guida, dove, oltre che come isolante termoacustico spruzzato sulle lamiere, è stato usato anche in punti facilmente accessibili durante le normali operazioni svolte dai macchinisti. Negli anni ’80 era già emersa la consapevolezza della pericolosità di questo materiale: risale all’aprile 1983 la prima normativa aziendale Fs che stabiliva criteri di lavorazione, protezioni individuali e collettive, individuazione e tipizzazione dei locali per lo svolgimento di lavorazioni che comportavano contatto o impiego di amianto. Già da questa prima fase non veniva prevista alcuna protezione per chi non lavorava direttamente l’amianto ma, come i macchinisti, con esso conviveva nel proprio ambiente di lavoro. Il Tribunale della Spezia, con sentenza del 16 febbraio scorso, ha accolto la domanda dei congiunti dell’ex macchinista ed ha condannato Rfi al risarcimento in loro favore per € 568.261,00, oltre interessi e rivalutazione.

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