“Io ho una chiara idea di quello che significa morire: si può perdere la vita una sola volta in un attentato di mafia come stava succedendo a me, ma si può anche morire ogni giorno guardandosi allo specchio sentendosi “sporchi”, sapendo di non poter dire ai propri figli che la vita va vissuta con rettitudine e con la schiena dritta. Io, come tanti in questo Paese, sono fra coloro che pensano che valga la pena morire una volta sola ma scegliendo da che parte stare, perché lo Stato ce la può fare e le mafie possono essere battute”. Così Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco siciliano dei Nebrodi, che questa mattina è tornato al Parentucelli-Arzelà per incontrare gli studenti e trasmettere loro i valori dell’antimafia e raccontare la propria esperienza di amministratore che da anni vive sotto scorta per aver svolto il proprio dovere e aver combattuto in prima persona “La mafia dei pascoli”, contribuendo, con le sue denunce, alle recenti 91 condanne nel maxiprocesso sulle truffe all’Unione Europea controllate dalla criminalità grazie al sul protocollo poi diventato legge nazionale.
“Ogni anno incontro migliaia di studenti – ha sottolineato – perché la scuola è un elemento fondante della legalità, che ha surrogato nel Paese in momenti di particolare disattenzione. Continua ad essere un pilastro e io non smetterò mai di incontrare i ragazzi ai quali dobbiamo trasmettere l’importanza della credibilità. È necessario spiegargli che l’Italia ha la miglior normativa d’Europa e del mondo e il miglior testo antimafia che è la Costituzione. Nessuno di noi deve sentirsi esentato dal dovere di cittadinanza”.
“Sono ottimista – ha rimarcato anche in qualità di presidente onorario della Fondazione Caponnetto – noi raccontiamo anche una storia di vittoria dello Stato contro la mafia, perché abbiamo la necessità di ricordare le stragi e le vittime, ma non dobbiamo dimenticare che insieme possiamo batterli come abbiamo fatto nel nostro territorio. Il tema dell’eroismo deve essere legato ai servitori dello Stato, come gli uomini della scorta che mi hanno salvato la vita, non a persone come me che hanno fatto solo il loro dovere”. Quindi sul suo ritorno nell’istituto dove nel 2019 aveva presentato il libro autobiografico “La mafia dei pascoli”: “Ho un ricordo di una bellissima mattinata perché qui c’è un tessuto importante che ha delle radici che ogni tanto vanno annaffiate con un momento di riflessione come quello odierno, per tenere vivi sentimenti importanti e i valori dell’impegno e dei rapporti umani”.