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La protesta

Medici di famiglia, una categoria ormai al lumicino: “Da due anni in prima linea, ma senza il minimo riconoscimento”

Il Natale si avvicina, e i medici di medicina generale vedono all’orizzonte lo spettro degli ultimi due anni, quando quello delle feste è stato il periodo di esplosione dei contagi da Covid-19, che si sommavano a quelli della tradizionale influenza. Settimane di caos, durante le quali i camici bianchi hanno dovuto svolgere ogni tipo di mansione, dalle vaccinazioni ai certificati di guarigione, passando per visite, ricette, consigli, pratiche informatiche e tante, tantissime email e telefonate.
E dopo due anni di sacrifici e di incarichi che sono costantemente aumentati, i medici di base si sarebbero aspettati un trattamento diverso da parte del nuovo governo, impegnato nella stesura del decreto Ristori bis. Per questo la Fimmg – Federazione italiana medici di medicina generale ha proclamato una giornata di visite a lume di candela nelle diverse regioni italiane, a simboleggiare come le energie della categoria siano ormai al lumicino ma ci sia allo stesso tempo la volontà ferrea di mantenere accesa l’assistenza per i pazienti.
In Liguria la protesta è andata in scena oggi, come preannunciato dalla segretaria provinciale di Fimmg Maria Pia Ferrara, e alle 17 la luce delle lampadine ha lasciato il posto a quella delle candele in moltissimi studi sparsi per la provincia.

Tra questi quello della dottoressa Elisa Angelinelli, consigliera provinciale di Fimmg, che per la mezz’ora finale di ambulatorio nello studio di Piazza Sant’Agostino ha accolto i pazienti nella penombra.
“Anche questo decreto ci ha lasciati senza alcun aiuto, nonostante i due anni in prima linea in cui abbiamo fatto di tutto, dall’ambulatorio ai tamponi, anche rischiando in prima persona, come dimostra il fatto che metà dei medici morti a causa del Covid-19 fossero colleghi della medicina generale. Abbiamo atteso un segno, un riconoscimento di questo lavoro: invece non è arrivato niente. Io amo tantissimo il mio lavoro e come me i miei colleghi vogliono rimanere presidio della sanità, ma meriteremmo un sostegno, come è avvenuto per molte altre categorie di liberi professionisti. Non siamo dipendenti ed è impensabile lavorare da soli: soprattutto per come bisogna svolgere il nostro lavoro oggi è praticamente obbligatorio avere una segretaria di studio, spesa per la quale Asl contribuisce solo in minima parte”.
Angelinelli lavora in media dieci ore al giorno, ma quando ha chiude la porta dello studio o esce dall’abitazione dell’ultima paziente in visita domiciliare il telefono continua a emettere notifiche di messaggi, email…
“A questa situazione già assai complicata si sono aggiunte ora spese cospicue per le bollette di luce e gas. Tra le responsabilità burocratiche, i costi di gestione dello studio e quelli del personale è logico, poi, vedere che molti giovani medici che si erano avvicinati alla medicina di base scappano spaventati. C’è una forte mancanza di riconoscimento: c’è sempre più lavoro e non è adeguatamente retribuito, né valorizzato”, aggiunge la giovane dottoressa.

Da una parte ci sono le strutture ospedaliere in sofferenza, dall’altra i medici di base oberati di lavoro dai quali si leva una richiesta di ascolto e aiuto rivolta alle istituzioni, dal governo alla Regione, affinché le problematiche dei medici vengano affrontate a livello generale anche perché il grido di dolore dei medici di famiglia non fa che precedere di poco gli effetti negativi sul sistema sanitario e sulla salute degli utenti.
Ad accentuare le criticità esposte sino a ora, infatti, si aggiungono gli ormai ben noti problemi di organico che riguardano i medici di medicina generale come gli specialisti e gli infermieri, a completamento di un quadro a tinte decisamente fosche.
“Il mancato ricambio generazionale – conclude la dottoressa Angelinelli – ha portato alla comparsa di alcune zone carenti, cioè aree per le quali non c’è un medico di base disponibile. Il problema nella nostra provincia si registra soprattutto in Val di Magra e in Val di Vara, ma il tema è vasto, tanto che la Regione ha aumentato i massimali a 1.800 pazienti per ogni medico, in forma volontaria, così da sopperire alle assenze. E per tamponare le falle del sistema da poco tempo a questa parte anche i corsisti, cioè in medici in fase di specializzazione, possono avere un certo numero di pazienti”.
Insomma, il lavoro del medico di famiglia è cambiato, così come si è modificato il rapporto con i pazienti, ma una cosa è certa: quando se ne trova uno bravo conviene tenerselo molto stretto.

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