I cinghiali della Maggiolina andavano abbattuti e la soluzione adottata contraddice l’ordinanza del Commissario per la peste suina. Non usa mezzi termini il coordinatore di Federparchi Liguria Roberto Costa che interviene a poco più di una settimana dalla liberazione degli ungulati in Val di Vara.
“La situazione della Maggiolina e come è stata gestita evidenzia quanta distanza ci sia fra animalismo e ambientalismo – si legge in una nota-. La Regione Liguria, da una parte, assieme a tutte le altre Regioni, ha chiesto di allungare il periodo venabile per affrontare il problema dei cinghiali, prevedendo di farne abbattere oltre 35.000. Tuttavia, riteniamo che si tratti di una scelta poco efficace perché generalmente gli abbattimenti a gennaio risultano irrilevanti per non abbattere le scrofe gravide, a maggior ragione ed ancor più a febbraio. Poi, sempre la Regione, dall’altra, cedendo alle pressioni animaliste, ha salvato in deroga a tutto i nove cinghiali della Maggiolina”.
In entrambe le situazioni si resta distanti dal risolvere il problema di incolumità pubblica e quello dei danni economici legati alla sovrappopolazione dei cinghiali: in Liguria infatti, in base ai dati forniti dalla Regione stessa nel piano di eradicazione, ci sono undici cinghiali ogni cento ettari. Dovrebbero essercene due o tre ogni cento ettari per avere un rapporto corretto”.
“Il cinghiale, oltre a provocare notevoli danni economici alle colture, è un distruttore di biodiversità; danno quasi mai computato, ma ben presente: il cinghiale distrugge infatti habitat di prateria che ospitano molte specie di fauna e flora – si legge ancora nella nota -. Quei cinghiali andavano abbattuti. Inoltre, la soluzione della Maggiolina contraddice l’ordinanza del Commissario per la peste suina del 28 giugno scorso che vieta lo spostamento dei suini selvatici (con la sola deroga con parere Ispra e Cerep che in questo caso era contrario e proponeva l’abbattimento sul posto o il trasferimento diretto ad un sito di macellazione) e il d.lgs 221/2015, che vieta l’immissione dei cinghiali sul territorio nazionale e anche il loro foraggiamento”.
“A livello nazionale i parchi rimuovono dai loro territori oltre 30.000 cinghiali all’anno, la maggioranza abbattuti direttamente con arma da fuoco (circa 200 nel Parco delle 5 Terre) – proseguono da Federparchi -. Proprio le prescrizioni per la peste suina hanno costretto i parchi ad attrezzarsi per abbattere gli animali poco dopo la cattura e nell’ambito del comune dove sono stati catturati. Questo ha determinato un aumento dei costi e numerosi investimenti. Se ora si può derogare a questi divieti per una situazione come quella della Maggiolina, tale deroga potrebbe essere anche applicata alle attività di controllo delle aree protette che oggi magari sono costrette a fare investimenti in loco per non spostare gli animali che devono essere portati all’abbattimento o alla macellazione. Oltretutto in questo caso la deroga sarebbe finalizzata alla riduzione dei costi di un pubblico servizio e non per soddisfare una sensibilità animalista, che è cosa ben diversa da un corretto ambientalismo fondato su basi scientifiche”.
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