Lo stallo alla messicana che vede protagonisti Regione, Comune e cinghiali non accenna a sbloccarsi. Superate di slancio le 48 ore dall’inizio della prigionia degli ungulati all’interno del Parco della Maggiolina le istituzioni stanno ancora cercando un’area in cui ricoverare i cinghiali. Quella che sulle prime veniva descritta come una soluzione impraticabile è diventata la strada prediletta per risolvere il problema. Purtroppo, però, si tratta di un cammino impervio, forse addirittura senza uscita, perché i rifugi per selvatici nei dintorni sono tutti pieni.
L’ordinanza emessa dal sindaco Pierluigi Peracchini che vieta l’abbattimento e le richieste di salvataggio degli animali avanzate a più riprese dagli ambientalisti hanno fatto fare marcia indietro al veterinario proveniente da Parma che ieri avrebbe dovuto sedare i cinghiali e si lavora alacremente per trovare loro una destinazione.
Nel frattempo, però, i gestori delle giostre e del bar all’interno del parco, continuano a subire i danni di questa situazione. Non solo per quanto riguarda i mancati incassi dovuti ai tre giorni di chiusura (con la speranza che non aumentino ancora) ma anche per i danneggiamenti che gli animali stanno provocando alle attrezzature.
“I cinghiali hanno divelto una porzione della staccionata del trenino e stanno rovesciando gli animali finti che sono presenti nel parco giochi. Ma stanno anche praticando solchi nel terreno e stanno sporcando ovunque, anche perché molti gli lanciano da mangiare. Chi pulirà gli escrementi sparsi per il parco? Mio padre – spiega a CDS Vivian Gerardi – è l’unica persona autorizzata a entrare all’interno del parco e dalle 5 del mattino a mezzanotte è stato sempre lì per cercare di limitare i danni, ma inizia a non farcela più. E noi non possiamo nemmeno dargli il cambio, visto che non siamo autorizzati all’ingresso. Da ieri cerchiamo di avere risposte dal Comune, ma ci rispondono sempre che stanno lavorando insieme alla Regione per risolvere la situazione. Siamo all’oscuro di tutto. Speriamo di non dover attendere dieci o quindici giorni che si liberi qualche rifugio perché per noi sarebbe un dramma. Noi vogliamo solo lavorare”.
E la speranza è di poterlo fare quanto prima, già da domani.
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