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Il caso della maggiolina

Gli ambientalisti di Lav: “Cinghiali già in custodia e non pericolosi: l’abbattimento può essere un reato”

Si allarga il fronte di quanti sono contrari all’abbattimento dei cinghiali che da ieri mattina sono chiusi all’interno del Parco della Maggiolina, lato nord. Oltre ai cittadini che hanno avviato un mailbombing nei confronti di Regione e Comune della Spezia sostenendo la possibilità di liberare gli ungulati, nelle ultime ore anche Lav – Lega anti vivisezione si è mossa per chiedere alle autorità di “assicurare la tutela dei cinghiali già catturati e custoditi disponendone l’immediata liberazione e reimmissione in libertà”.

A portare avanti quello che sembra l’ultimo disperato tentativo di evitare l’abbattimento è Massimo Vitturi, responsabile dell’Area Animali Selvatici della Lav.
Nel documento inviato al sindaco Pierluigi Peracchini, al presidente della Regione Giovanni Toti, alla direttrice del dipartimento Sanità animale di Asl 5 Elena Maria Teneggi e al prefetto della Spezia Maria Luisa Inversini, si rileva prima di tutto che le implicazioni relative alla peste suina africana non sono da tenere in considerazione poiché il comune della Spezia non è ricompreso nell’area infetta, che si estende invece tra le province di Genova e Alessandria.
“Parimenti, non può addursi la pericolosità di un simile gruppo di cinghiali, costituito in maggior parte da cuccioli e già circoscritto in un’area ben delimitata che consentirebbe la successiva reimmissione in libertà in luogo più idoneo e lontano dal centro abitato”, si legge ancora nella lettera inviata alle istituzioni.
L’associazione animalista va oltre: “L’assenza di una legittima causa giustificativa alla base di una eventuale misura di abbattimento dei cinghiali catturati può integrare una condotta penalmente rilevante, in quanto uccisione di animali non necessitata ai sensi dell’articolo 544 – bis del Codice penale. Ed invero, tale fattispecie risulta con ogni evidenza integrabile allorquando le eventuali uccisioni avvengano in assenza dei presupposti previsti dalla legge o in forza di provvedimenti adottati in violazione di questa”. E secondo gli animalisti potrebbe essere da tenere in considerazione anche “la fattispecie di maltrattamento di cui all’articolo 544 – ter aggravata dal verificarsi della morte, laddove – avuto riguardo anche alle modalità d’azione – la condotta causale rispetto all’evento sia foriera di particolari sofferenze e patimenti nell’animale”.

E ancora: “Com’è noto, l’articolo 1 della Legge 157 del 1992 dispone che “la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale” e secondo l’articolo 828 del Codice civile, i beni rientranti nel patrimonio indisponibile dello Stato “non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano”. Quindi – sostengono dalla Lav – anche l’uccisione di un cinghiale, se non necessitata, può configurare il reato di furto venatorio ai sensi e per gli effetti degli articoli 624, 625, comma 1, 7 del Codice penale, in relazione alla teoria giurisprudenziale della sussistenza del reato di furto aggravato ai danni dello Stato in caso di illecita apprensione di fauna selvatica da parte di persona sprovvista di licenza di caccia (Corte Suprema di Cassazione, IV Sezione Penale, Sentenza 34352 del 27/5/2004) e costituire danno erariale nei confronti del patrimonio dello Stato”.

Insomma, Lav ribalta il punto di vista delle istituzioni, sostenendo che, vista la situazione, le leggi da rispettare siano ben altre rispetto a quelle che la Regione sta utilizzando come faro nel suo agire.

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