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"ma perderà la guerra"

“La Russia ha sufficiente fieno in cascina per staccarci il gas a settembre o ottobre”

Mattia Bagnoli, autore di 'Modello Putin', ospite della Lega Navale di Lerici. Con lui in veste di editore l'ex parlamentare Pippo Civati.

'Modello Putin', Mattia Bagnoli e Pippo Civati a Lerici

La Russia putiniana, la guerra in Ucraina, lo sguardo dell’Occidente verso Mosca. Questi i temi dell’incontro organizzato sabato scorso in Piazza Mottino dalla Lega Navale di Lerici. Ne hanno parlato Mattia Bagnoli, per sei anni corrispondente Ansa da Mosca e autore di Modello Putin, e l’editore del libro con la casa editrice People, l’ex parlamentare Pippo Civati. A moderare l’incontro, seguito da oltre quaranta persone, tra cui anche il prefetto Maria Luisa Inversini, la giornalista Ginevra Masciullo; in chiusura il saluto di Maurizio Moglia, presidente della Lega navale lericina. “In questo volume ho chiesto a Mattia di raccontarci un Paese che l’Italia raccontava molto poco e in modo superficiale – ha esordito il fondatore di Possibile -. Un libro uscito prima dell’invasione russa dell’Ucraina – lo dico perché da febbraio ne sono usciti tantissimi -, quindi al di sopra di ogni sospetto dal punto di vista commerciale, che indaga la Russia prima dello scoppio del conflitto”, ha esordito il fondatore di Possibile.

“Il modello Putin – ha spiegato Bagnoli entrando nel vivo dell’incontro – non solo ha l’obbiettivo di ricostruire la grande Russia, ma di costruire un sistema totalitarista, obbiettivo raggiunto. Il libro racconta appunto del passaggio dal sistema ibrido putiniano, la democrazia ‘gestita’, o democrazia ‘sovrana’, com’è anche stata chiamata – democrazia punto e basta no, perché non la è – alla dittatura e poi, con lo scoppio della guerra, al totalitarismo. La differenza è che mentre una dittatura si accontenta di controllare i corpi, il totalitarismo vuole controllare le menti, e ora la Russia è diventata una grande prigione delle menti”. Un modello, ha proseguito Bagnoli, “in cui viene garantito il 90 per cento delle libertà al 90 per cento delle persone. Del resto il 90 per cento delle persone non ha bisogno del 100 per cento di libertà: va bene anche il 90, in cui rientrano la libertà di lavorare, guadagnare, lanciare aziende, muoversi, comprare, vivere il consumismo sfrenato russo. Ma c’è un 10 per cento di popolazione – quali oppositori, giornalisti, attivisti, blogger – che invece chiede il 100 per cento di libertà, perché è con il 100 per cento che si possono cambiare le cose pacificamente; ed ecco che qui il regime ha sempre picchiato durissimo, impedendo qualunque tipo di rinnovamento e cambiamento in questi ultimi vent’anni, al grido di ‘stabilità’, del ‘nessuno di noi vuol tornare agli anni Novanta’, periodo tremendo per la Russia”. E la Russia di Putin, ha proseguito, “è diventato un faro per diversi populismi in giro per il mondo, un baluardo del conservatorismo internazionale, un modello che influenza l’Italia e l’Europa molto più di quanto si possa immaginare”. Ma il libro, ha precisato l’autore, “ha cercato un sentiero stretto ma percorribile e bilanciato in cui raccontare anche gli aspetti positivi della Russia e del modello Putin, senza per questo cadere nella tifoseria”.

'Modello Putin', Mattia Bagnoli e Pippo Civati a Lerici

Poi la guerra. “Quando è scoppiata – ha raccontato Bagnoli – ero a Kiev, non pensavo ci sarebbe stato un assalto totale, certi analisti pensavano che a un’azione limitata al Donbass. Ma Putin da questo punto di vista ama sorprendere. Ad ogni modo, ci sono dei punti fermi. Putin perderà la guerra per la sua scellerata strategia – è un tattico sopraffino ma un pessimo stratega, lo dicono tutti. Potrà anche vincere la battaglia del Donbass, ma la guerra in generale la perderà perché sul lungo periodo per effetto delle sanzioni c’è il rischio che il fronte interno non regga, inoltre con il suo azzardo Putin ha disarticolato il pieno innesto della Russia all’interno dell’economia globale. Il Paese rischia quindi di diventare nei prossimi anni una specie di Iran con gli steroidi, considerato un pariah con cui non si può avere a che fare. Questa per lo meno è una lettura e io in parte sono convinto andrà così, ma allo stesso tempo bisogna anche rendersi conto che il mondo non è più così occidente-centrico come venti, trent’anni fa, e questo concetto di mondo multipolare, in cui non c’è più una superpotenza unica americana, è un grande cavallo di battaglia di Putin, che appunto ha molto lavorato per creare questo scenario, puntando ovviamente molto sulla Cina come partner, sulla neutralità interessata dell’India, su quello che un tempo poteva essere il mondo cosiddetto non allineato. Ed è vero che oltre 140 paesi all’Onu hanno votato la risoluzione di condanna dell’invasione dell’Ucraina, ma sono molti meno sono quelli che applicano le sanzioni occidentali. La Russia non è quindi così isolata come ci aspettavamo e potevamo pensare, e tutto sommato c’è una parte di mondo – ad esempio l’Africa, il Sud America, il Sud est asiatico – che ci guarda e dice: cosa ce ne frega di quel che state combinando, è una guerra vostra”.

Per Bagnoli “è importante combattere questa guerra, perché significa combattere per i nostri valori contro un sistema che ha costruito un modello spaventoso e rischioso. Ma è una guerra che si combatte anche con più democrazia, più diritti. Come Occidente non possiamo arretrare, anzi dobbiamo chiedere una fase completamente diversa, redistributiva, in cui le storture della globalizzazione vengano azzerate, altrimenti questa guerra la perdiamo”. Sempre sulla guerra poi la considerazione che “per noi è cominciata da qualche mese, per gli ucraini nel 2014. Nel Donbass ci sono stati anni di guerra già prima dello scorso febbraio, con 14-15mila morti. Abbiamo in qualche modo tralasciato questa parte di mondo e siamo colpevoli di non aver capito che il bubbone sarebbe scoppiato”. E un’annotazione sul racconto dell’Ucraina: “A Kiev dopo l’inizio della guerra chiedevo alle persone chi ritenessero responsabile di quanto stava accadendo: se Putin, Zelenski, l’Occidente. La cosa che mi ha colpito è che mi rispondevano: non mi interessa, quel che conta è fermare le bombe, toglieteci da questa situazione di guerra. Parole un po’ contrarie al nazionalismo che vedi sui giornali: armi bianche, milioni di soldati, andiamo a recuperare… insomma, non è proprio così”.

Nell’attuale scenario, ha continuato l’autore di Modello Putin, “la vera novità è il confronto tra Cina e Occidente, tra Cina e Usa. Qua bisogna capire quanto Russia e Cina siano in combutta e vogliano andare di pari passo. L’analisi che circola a Bruxelles è che la Cina ritenga che Putin si sia mosso troppo presto, quindi non sarà pienamente coinvolta in questa guerra. Una guerra ibrida che Putin combatte con una macchina articolata fatta non solo di bombe e cannoni; anche lo shock energetico è un’azione di guerra, lo stesso per lo shock sui prezzi degli alimenti, che sta impattando scientificamente su certi paesi dell’Africa con l’idea di scatenare nuove ondate migratorie nel corso del prossimo anno e mezzo”. Quindi, ribadita la convinzione sul probabile esito finale della guerra a sfavore della Russia, “bisogna anche considerare che nel medio periodo, uno o due anni – ha osservato l’autore -, la Russia è avvantaggiata perché i russi sono capaci di tirare la cinghia in un modo che noi non sappiamo nemmeno immaginare e perché controllano il famoso gas, al quale noi abbiamo scoperto di essere legati mani e piedi. Numeri di questi giorni: surplus commerciale russo giugno 2021-giugno 2022: più 180 miliardi di euro: per cui hanno messo da parte sufficiente fieno in cascina per staccarci il gas a settembre-ottobre, cosa che penso accadrà. Hanno soldi freschi per pagarsi il bilancio per 6-8 mesi e vedere intanto come facciamo noi senza gas per il solito periodo”.

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