Chiusa la partita spezzina con la convinta riconferma di Pierluigi Peracchini, l’attenzione della politica si sposterà nei prossimi mesi su Sarzana, dove fra un anno si tornerà alle urne con un centrodestra ancor più rafforzato dal risultato del capoluogo, dove la vittoria è arrivata al primo turno. Risultato a cui punta ora anche Cristina Ponzanelli dopo aver conquistato nel 2018 (con un’affluenza che al primo turno superò il 64%) quello che era considerato il feudo inespugnabile del centrosinistra. Certo, dodici mesi in questo ambito possono essere un’eternità, anche alla luce degli scenari molto fluidi che nel 2023 porteranno anche alle elezioni politiche, ma l’impressione è che la prima cittadina sarzanese lunedì sera sia rientrata dai festeggiamenti di piazza Europa ancor più fiduciosa sulla sfida che l’attenderà. In primis perché la coalizione totiana, dopo la caduta del proprio feudo – quello amegliese – e le recenti discussioni interne, sembra aver ritrovato l’unità d’intenti che l’ha fatta imporre in Liguria negli ultimi sette anni. Ma non solo, perché fin qui il mandato della giunta è stato caratterizzato – agli occhi della cittadinanza – da un andamento positivo che ha premiato però più la figura del sindaco che non quella degli assessori che, in alcuni casi, sono stati ritenuti poco efficaci nel loro operato. Se da un lato infatti l’amministrazione ha ottenuto grandi risultati sul fronte della progettazione del futuro della città, in particolare su Marinella ma anche sulla nuova scuola riuscendo soprattutto a intercettare bandi per circa 50 milioni di fondi pubblici – colpevolmente sottovalutati dalle giunte precedenti – dall’altro ha spesso zoppicato nella condivisione delle proprie scelte con la cittadinanza (dalle antenne al recente dibattito sulla tenuta di Marinella) come in ambiti quali la gestione delle spiagge, le questioni legali, la viabilità e il commercio solo per citarne alcuni, a cui si aggiunge la sanità legata però a doppio filo con la Regione. Questioni che, al netto di due anni di pandemia che un po’ ovunque sembrano aver giovato all’impegno e all’immagine dei sindaci uscenti, non sembrano aver scalfito ma anzi rafforzato il gradimento di un gruppo che sta vincendo anche la scommessa della cultura e degli eventi che iniziano a dare risultati anche sul fronte turistico. Una coalizione che, nonostante qualche mal di pancia e le vicissitudini interne di Lega e Sarzana Popolare, ha saputo remare nella stessa direzione senza bisogno di rimpasti.
Ma a porre Ponzanelli in una posizione molto tranquilla, a un anno dal voto, è soprattutto l’incertezza che domina sul fronte opposto, non tanto dell’opposizione che dopo lo smarrimento iniziale ha trovato buon affiatamento strada facendo, quanto su ciò che a livello partitico sta alle spalle dei consiglieri il cui impegno non è mai venuto meno. Il caso emblematico è quello di Federica Giorgi, fra le più attive nei banchi della minoranza ma alle prese con la crisi ormai irreversibile, non solo a livello locale, del Movimento 5 Stelle che nella precedente tornata andò oltre il 14%. Situazione diversa per Raschi, esponente di Italia Viva che a Genova ha sostenuto Bucci e alla Spezia correndo da sola – cosa che potrebbe essere ripetuta anche qui – non è arrivata al 2%, mentre resta da decifrare la posizione di Mione e Mazzanti. La cacciata del primo dal Pd fu tra gli inneschi dell’implosione politica di Cavarra a cui l’ex presidente del consiglio contribuì alle urne raccogliendo poco meno del 10%. Con l’ex popolare ha dato vita al gruppo “In Azione per Sarzana” – con richiamo a Calenda solo nel nome – e ha spesso dato battaglia alla giunta in Consiglio comunale ma il suo attuale peso politico è tutto da valutare. Discorso più articolato invece per quanto riguarda il Pd, attuale primo partito cittadino con tre consiglieri, che dà la sensazione di doversi ancora scrollare di dosso l’ultima sconfitta e che negli ultimi mesi si è spesso avventurato in battaglie che, sotto il profilo del consenso, hanno prodotto molto poco, oltre ad aver lavorato in modo insufficiente fin qui per riavvicinare i giovani elettori alla politica. Cosa che sull’altro versante sta invece riuscendo a Fratelli d’Italia e Lega.
Guardando fuori dal Consiglio, oltre alla sinistra che quattro anni fa rimase fuori da quello che oggi viene definito “Campo largo” e che allora avrebbe portato un’agevole vittoria, ci sono associazioni e comitati che ben più di tutto l’arco politico si sono distinte per l’organizzazione di dibattiti, incontri e momenti di socializzazione sia prima che dopo l’emergenza Covid. Oggi l’impressione è che per provare a ricostruire la propria competitività il centrosinistra debba trovare l’unione e il coraggio per andare a cercare in quella società civile un candidato condiviso e autorevole. Una scelta che appare inevitabile per coinvolgere nuovamente l’elettorato e costruire, per tempo, un percorso più solido e strutturato di quello che nella vicina Spezia non è nemmeno arrivato a contendersi il ballottaggio.
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