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I nomi delle possibili conferme e le novità in vista

Nove nomi in giunta, più il presidente del Consiglio. Un puzzle difficile da comporre sulla scrivania di Peracchini

Con due sezioni elettorali bloccate in Tribunale almeno sino a domani, come per prassi quando le operazioni di scrutinio si protraggono oltre le 12 ore senza che si intraveda la fine dei conteggi, potrebbe sembrare prematuro guardare alle ipotesi di composizione della futura giunta. Ma negli ultimi giorni di campagna elettorale le dichiarazioni degli esponenti del centrodestra spezzino, da Toti in giù, riportavano la sicurezza di una vittoria al primo turno e pertanto è assai probabile che il sindaco Pierluigi Peracchini stia già pensando da tempo a come sciogliere il nodo gordiano degli equilibri nella nomina degli assessori.
Certo, non è mai facile immaginare in anticipo quale sia il bilanciamento interno alla coalizione, nemmeno quando si dispone di sondaggi affidabili, ma ci sono elementi che non subiscono particolari variazioni: alcune figure sono ammantate da un’aura di intoccabilità. E’ il caso degli assessori uscenti cui è stato riconosciuto da più parti di aver lavorato bene. Una condizione che dopo il voto riguarda anche i consiglieri che ottengono un numero di preferenze particolarmente alto e che quindi si preparano a passare all’incasso non appena vengono chiusi gli scrutini. Si segnalano in questo senso Kristopher Casati, che risponde all’identikit di entrambe le caratteristiche, il votatissimo Marco Tarabugi, l’apprezzato uomo dei bilanci Giacomo Peserico e Maria Grazia Frijia, nome di punta di Fratelli d’Italia. Rimane tagliato fuori, infatti, Sauro Manucci, nonostante abbia ottenuto al momento più voti della collega, in quanto consigliere regionale in carica. Stessa sorte per Gianmarco Medusei, recordman delle preferenze, che ricopre però già il ruolo di presidente del consiglio regionale. A giocarsi il posto in giunta per la Lega dovrebbero così essere Patrizia Saccone e Lorenzo Brogi, con un vantaggio per il secondo in termini di esperienza e rapporto al fianco del primo cittadino appena confermato.
Gli assessori che la normativa consente di nominare ai sindaci dei Comuni capoluogo di provincia, anche nel caso in cui abbiano una popolazione inferiore ai 100mila abitanti, come La Spezia, è nove, come è stato nelle ultime due consiliature.
Un numero tutto sommato esiguo, soprattutto se si considera che le liste a sostegno del sindaco Pierluigi Peracchini erano ben sette e che, sulla scorta del cosiddetto patto dell’Nh hotel, avendo tutte o quasi  ottenuto un consigliere (è necessario attendere l’ufficialità della suddivisione dei seggi) aspireranno a ottenere un posto in giunta. Un assessore per lista porterebbe però a non considerare quasi per niente i rapporti di forza emersi dalle urne, con le liste civiche di Peracchini capaci di ottenere oltre il 23 per cento dei voti, quasi la metà del totale di quelli della coalizione, e Fratelli d’Italia, lista Toti e Lega ben al di sopra di Unione di centro e Forza Italia, che rischia anche di non varcare l’ingresso della Sala consiliare. Senza dimenticare che anche Noi con l’Italia (l’ex Spezia popolare) ha già lasciato intendere di voler far pesare il buon risultato dei suoi candidati in una delle liste civiche del sindaco. Insomma, un puzzle non facile da comporre.
Una soluzione potrebbe essere quella di garantire alcuni posti di rilievo nel rimpasto delle partecipate ai partiti che hanno ottenuto meno voti. Sempre che questi accettino. Il sindaco potrebbe così tenere per i membri delle sue liste 3 slot della giunta, affidandone due a Fratelli d’Italia, lista Toti e Lega. E a completare il quadro, per soddisfare le richieste di tutti, c’è anche la poltrona del presidente del Consiglio comunale, un jolly non indifferente, che garantisce un emolumento pari a quello di un assessore a tempo pieno.
Se per il sindaco il compenso mensile passerà da 6.850 euro lordi del 2022 a 8.021 nel 2023 e raggiungerà nel 2024 il tetto massimo di 9.660 euro, lo stesso cammino di crescita sarà seguito per il vicesindaco (altra carica premiale), gli assessori e il presidente del Consiglio comunale, che hanno uno stipendio parametrato a quello del primo cittadino. Per il sostituto istituzionale del sindaco si parla di un’indennità pari al 75 per cento, mentre per gli assessori e il presidente del parlamentino si scende al 65 per cento.
Da questa consiliatura le indennità sono un fatto ancora meno trascurabile che in passato. E a complicare, se possibile, le cose c’è la necessità di garantire la più elevata parità di genere, rappresentandoli entrambi almeno al 40 per cento.

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