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Tradotto da liviana ferdeghini

‘Gli Abetini’, ecco in italiano la Lerici vista da Ossip Kalenter

La presentazione in sala consiliare.

Lisa Saisi, Chiara Cozzani, Chiara De Carolis, Elda Belsito e Liviana Ferdeghini. Presentazione di 'Abetini'

Lisa Saisi, Chiara Cozzani, Chiara De Carolis, Elda Belsito e Liviana Ferdeghini.

A oltre settant’anni dalla prima edizione in lingua tedesca, ecco che Die Abetiner di Ossip Kalenter (1900-1976) esce in traduzione italiana come Gli Abetini (De Ferrari Editore). Abetini che altro non sono che gli abitanti di Abeti, immaginaria località del Golfo della Seppia che richiama da vicinissimo Lerici, che Kalenter, al secolo Johannes Burkhardt, ha lungamente frequentato, sia prima che dopo il secondo conflitto mondiale. Alla versione italiana del testo, le cui pagine sono contrappuntate dai disegni di Gunter Bohmer, mentre l’immagine in copertina è di Herman Rastorfer, si è giunti attraverso un percorso descritto nella postfazione dalla traduttrice, Liviana Ferdeghini, che spiega di essersi imbattuta per la prima volta in Die Abetiner nel 1997, lavorando al progetto ‘Guida letteraria della città e delle località del golfo’ all’Istituto A. Fossati.
“Prima di allora – scrive – non avevo mai sentito parlare di quell’opera né dell’autore. Il libro era ormai reperibile solo presso le librerie antiquarie, essendo uscito nel 1959 presso la casa editrice Ullstein di Francoforte; una prima edizione, come scoprii più tardi, presso l’editore Werner Classen di Zurigo, risaliva addirittura al 1950. Cercai allora di saperne di più dell’autore e del suo rapporto con Lerici, ma non arrivai a grandi risultati; neppure i colleghi lericini a cui chiesi aiuto ne avevano sentito parlare. Poi venne fuori che la professoressa Piera Basadonne, un’insegnante di tedesco che all’epoca era già in pensione, aveva dedicato a Die Abetiner due articoli nel periodico Il golfo dei poeti, alla metà degli anni ’80. Ma anche questa volta l’occasione era stata il casuale reperimento del libro sulle bancarelle dell’usato. Risaliva allo stesso periodo una lettera ad un quotidiano locale di una signora di Zurigo, Ruth Bitterlin, che era venuta a Lerici dopo aver letto Die Abetiner, qui aveva conosciuto Kalenter e la moglie e per diversi anni aveva trascorso qui, in loro compagnia, le vacanze estive […] Il testo era interessante, ma per l’uso scolastico decisamente difficile. Tradussi alcuni capitoli e li affidai ai miei colleghi nella speranza che su quella base potessero scoprire qualcosa dell’autore. Ma le ricerche non diedero esito positivo e sul libro e sul suo autore cadde di nuovo il silenzio. Fino alla primavera del 2021. In quel periodo ripresi in mano materiale della guida per scrivere alcune schede di presentazione di autori tedeschi per il progetto ‘Percorsi – Viaggiatori stranieri nel Golfo e nelle Riviere’, ospitato sui siti dell’Associazione Culturale Italo Tedesca e di Alliance Franse e coordinato da Marzia Ratti, Annalisa Tacoli e Chiara Cozzani. Ritrovai il libro di Kalenter e a quel punto lo lessi con calma, quella calma che negli anni della scuola non c’era mai. Il libro era interessante; l’autore guardava ad Abeti con la simpatia di uno straniero che vorrebbe sentirsi parte di una piccola, vivace e amabile comunità. A quel punto decisi che avrei tradotto tutto il volume. C’era il desiderio di rendere giustizia ad uno scrittore che era innamorato del nostro paese e trasmetteva questo sentimento attraverso l’evidenza pittorica e il sincero lirismo con cui descriveva i luoghi e la benevola ironia che riservava ai personaggi. Si trattava inoltre di rendere doveroso omaggio a una coerente figura di intellettuale impegnato nella lotta ai totalitarismi”. Che, ricorda la postfazione, “antifascista convinto, nel 1934 aveva lasciato l’Italia e si era trasferito a Praga in qualità di redattore del Prager Tagblatt. Dopo l’invasione tedesca era fuggito in Svizzera, paese di cui ottenne la cittadinanza nel 1956″ e dove “fu anche attivo nell’ambito di varie organizzazioni, come il Centro P.E.N. degli autori di lingua tedesca all’estero, per migliorare la precaria situazione degli scrittori germanofoni in esilio in Svizzera”.

“Siamo stati sin da subito felici di collaborare a questo progetto. Per noi è normale essere orgogliosi di Lerici ma è bello vedere che la ama anche chi arriva da fuori, e in questo testo troviamo l’affascinante e interessante ritratto del territorio fatto da uno straniero, Ossip Kalenter, che però qui ormai si sentiva a casa. Ed è anche un libro che fornisce tanti spunti per esplorare la Lerici del passato”, ha esordito venerdì scorso Lisa Saisi, consigliere delegato alla Cultura, alla presentazione del libro nella sala consiliare lericina. “Die Abetinerha quindi osservato Elda Belsito – sembra una cosa lieve, ma è un libro da gustare con calma, ricco di citazioni e richiami, da Pirandello a Brecht, da Verga a Kafka e a Beckett, percorso dal gusto dell’ironizzare sul forte senso di privilegio che hanno i lericini per il fatto di abitare un paradiso. Parliamo di un’opera di un intellettuale di prim’ordine, che magari non ha avuto il riconoscimento di altri grandi. Le illustrazioni, presenti già nell’edizione del 1959, sono di Gunter Bohmer, illustratore di notevole talento, le cui immagini sono avventure mentali che iniziano dove finisce la parola, non ne sono traduzione; mentre la copertina è opera di un altrettanto importante autore, Herman Rastorfer, figura di grande eclettismo”.

Die Abetiner è un testo che propone più motivi di interesse, letterariamente valido, con uno stile particolare e originale che rappresenta una sfida per il traduttore – ha proseguito la presidente dell’Associazione culturale italo tedesca della Spezia, Chiara Cozzani, uno dei due “aiuti preziosi” nell’opera di traduzione, assieme a Sylvia Hofer, ringraziati da Ferdeghini nella postfazione -. L’opera ritrae Lerici e i suoi abitanti in un arco di tempo che va dagli anni Trenta, periodo delle prime frequentazioni lericine di Kalenter, fino al 1950, anno in cui è uscita la prima edizione. Quello operato dall’autore nei confronti di Lerici non è un omaggio scontato, non c’è uno sguardo idealizzante, bensì una sincera attenzione per la comunità e le sue storie. E la presentazione della traduzione italiana del volume può essere un punto di partenza, perché c’è tanto da scoprire su Kalenter e il suo rapporto con il nostro territorio. L’Archivio letterario di Berna contiene abbondantissimo materiale, come i diari dell’autore e i manoscritti della prima edizione del libro. Si potrebbe immaginare una borsa di studio attraverso la quale mandare a Berna un giovane studente a studiare questo materiale, o agevolarne la scannerizzazione per studiarlo anche qua. E meritevole di approfondimento è anche la figura di Gunter Bohmer. Anche lui è stato a Lerici, le sue illustrazioni sono colte ‘in presenza’. Abbiamo anche preso contatto con la fondazioni Bohmer di Collina d’Oro, in Ticino, e Calw, in Germania – città di Herman Hesse, con cui Bohmer era amico -, che hanno patrocinato Gli Abetini“.
Ad arricchire la presentazione in sala consiliare, le apprezzate letture con cui Chiara De Carolis ha animato alcune pagine del libro, racconti da una “Vigata ante litteram”, come la definisce nell’introduzione il sindaco Leonardo Paoletti, guardando a Camilleri e al commissario Montalbano.
Non resta quindi che avventurarsi nella lettura, tra le storie, i bozzetti e i personaggi di questo Amarcord lericino. Anzi, abetino.

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